Servizio Sanitario Nazionale: passata la festa...
LA SFIDA
Dopo aver compiuto
i suoi primi quarant'anni
cosa succederà al nostro
Servizio Sanitario?
Continuerà ad essere
una eccellenza italiana
nel mondo...
Di: Luigi Giovannini
Abbiamo ricordato da poco una ricorrenza importante che riguarda da vicino la nostra salute: il 40mo anniversario dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (Legge n. 833 del 23 Dicembre 1978).
Ne abbiamo scritto anche su questo sito, mettendo in evidenza i valori fondanti della riforma ed i risultati importanti conseguiti nei decenni trascorsi; valori e risultati che hanno contribuito a collocare il nostro SSN tra le eccellenze italiane in Europa e nel mondo.
Non abbiamo fatto in tempo a goderci questa ventata di positività (una tantum) che sulla nostra sanità pubblica hanno cominciato a piovere notizie allarmanti al punto da mettere in dubbio la possibilità di una sua sopravvivenza nel prossimo futuro, perlomeno nell’attuale impostazione.
Come in una sorta di tempesta (mediatica) perfetta hanno iniziato ad accavallarsi notizie sull’esodo verso la pensione di medici e infermieri favoriti anche dalla ‘’Quota 100’’, sul blocco delle assunzioni del personale sanitario che aggraverebbe ulteriormente la situazione, sulla carenza di risorse finanziarie per garantire la sostenibilità del sistema, sulla mancata o inadeguata programmazione, ecc., ecc..
La notizia più clamorosa e preoccupante riguarda la carenza di medici, per i quali le stime rilevano che oggi mancano all’appello circa 10.000 specialisti e, traguardando l’orizzonte temporale al 2025, il ‘’deficit’’ potrebbe addirittura raddoppiare.
Le uscite per pensionamento (Legge Fornero e Quota 100) sono la causa principale dell’esodo, che tocca le 7/8000 unità all’anno nel periodo 2019-2025, per un totale di circa 50.000 medici nel periodo considerato.
A lanciare l’allarme sono i principali sindacati (Anaao e Assomed in testa) e le principali associazioni di categoria.
Per gli infermieri le dimensioni del fenomeno sono ancora più rilevanti: con l’attuazione di “Quota 100” sussiste il rischio che l’attuale carenza di organico stimata in circa 50.000 unità salga a oltre 90.000.
Sono analisi e valutazioni che evidenziano una programmazione quantomeno approssimativa e distratta, difficile da giustificare pensando al numero chiuso che caratterizza da anni i corsi di laurea in Medicina e in presenza di un tasso di disoccupazione giovanile ben oltre il 30%.
Una pesante responsabilità che coinvolge sia l’ambito politico sia i massimi livelli tecnicoamministrativi del settore.
Peraltro il problema non è esploso all’improvviso: già nel 2015 il Ministero della Salute aveva evidenziato che oltre il 68% dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale aveva più di cinquant’anni. Non era quindi difficile prevedere che la cosiddetta ’’gobba pensionistica’’ legata al baby-boom, con il contributo della Legge Fornero e di ‘’Quota 100’’ avrebbero potuto aggravare pesantemente la situazione.
È ovvio che, trattandosi di stime e previsioni a medio-lungo termine, questi numeri debbano essere considerati e valutati con la dovuta cautela; pur tuttavia l’entità dei valori in gioco è tale da richiedere verifiche ed interventi correttivi robusti e tempestivi, per evitare che carenze strutturali e di know-how si riverberino negativamente su livelli essenziali di assistenza e di accesso alle cure.
La soluzione non si presenta agevole considerando la contemporanea presenza di vincoli e situazioni congiunturali in contrapposizione fra loro.
Per citare solo gli aspetti più macroscopici abbiamo da una parte l’esigenza di far fronte a capitoli di spesa sanitaria più consistenti legati all’invecchiamento della popolazione, fattore positivo ma oneroso contemporaneamente, alla spesa farmaceutica, con riferimento particolare ai farmaci oncologici di ultima e prossima generazione, agli investimenti nelle nuove tecnologie, alla ricerca, ecc.; dall’altra parte dobbiamo tener conto di stretti vincoli di bilancio pubblico e di carenze strutturali e programmatiche (il caso sopra descritto ne è un esempio) che condizionano pesantemente la ricerca di soluzioni adeguate.
Tuttavia dobbiamo provarci. In Italia l’incidenza della spesa sanitaria sul Prodotto Interno Lordo è inferiore rispetto a Francia e Germania: l’8,9% contro il 11-12% dei nostri vicini, che dispongono di una sanità pubblica di assoluta eccellenza.
Ma il grosso vincolo per l’Italia (o l’opportunità più importante) è rappresentata dalla spesa per interessi sul debito pubblico: 75 miliardi di euro ogni anno. Circa il doppio di Francia e Germania: 35-40 miliardi di euro in più dai quali si potrebbero attingere le risorse necessarie per colmare le lacune e sciogliere i vincoli del nostro SSN.
Non affrontare adeguatamente il problema sarebbe un gravissimo errore da ogni punto di vista; non ultimo nei confronti delle future generazioni, i nostri figli e nipoti, a cui dovremo responsabilmente consegnare una società migliore di quella che abbiamo ricevuto e possibilmente evitare loro una montagna di debiti da pagare.
Ad un rappresentante del governo di Washington, venuto a proporgli l’acquisto delle sue terre, un vecchio capo indiano disse: ‘’Non sono nostre, non le abbiamo ricevute in eredità dai nostri padri, le abbiamo solo in prestito dai nostri figli’’.
Se ci ponessimo più spesso in questa ottica, molte cose cambierebbero, in meglio, anche nel Servizio Sanitario Nazionale.