L'atletica corre con l'Italia che cambia
IL RINNOVAMENTO
Lo sport non rappresenta
il migliore dei mondi possibili,
a volte non fa altro
che illustrare la propensione
dell’uomo a dribblare
i comportamenti etici,
il rigore, la correttezza,
l’integrità.
Di: Fabio Monti
Lo sport non rappresenta il migliore dei mondi possibili, a volte non fa altro che illustrare la propensione dell’uomo a dribblare i comportamenti etici, il rigore, la correttezza, l’integrità. Dice Livio Berruti: «Nel mio sport il migliore vinceva, gli altri applaudivano». Ma, essendo uomo di mondo, è il primo a sapere che non sempre va così. Ha scritto Giorgio Cimbrico, giornalista di sterminata cultura (senza limitazioni di argomenti): «Lo sport non è perfetto, ma mostra in molti casi di avere l’orologio in orario, capisce quando è il momento di rappresentare com’è fatta la società, come si sviluppano i percorsi di vita, i problemi, i drammi, come si trovano le soluzioni». A volte, gioca addirittura d’anticipo, come dimostrano la Storia e le storie (un esempio: il ping-pong per riaprire il dialogo fra Cina e Stati Uniti nel 1971) e non c’è bisogno di ricordare che Albert Einstein, il più grande scienziato del Novecento, parlando della teoria della relatività, aveva confidato: «Mi è venuta in mente, mentre andavo in bicicletta».
È da sempre in anticipo sui tempi l’atletica, che dello sport è (o dovrebbe essere) la pietra angolare. La squadra azzurra, che corre, marcia, salta o lancia, per come è stata costruita con pazienza e saggezza dal d.t., Antonio La Torre, è diventata in qualche modo il simbolo di una nuova Italia e di quello che è il più universale fra gli sport, dove Julian Alfred, un’atleta di Santa Lucia, isola delle Piccole Antille, può arrampicarsi in cima al mondo, correndo più veloce di tutte nei 60 metri al coperto: inclusione e non esclusione, apertura e non chiusura di fronte a realtà inedite, scoperta di nuovi orizzonti e di altre culture. Nel 1994, all’Europeo di Helsinki, faceva il suo esordio in nazionale Fiona May, nata nel Regno Unito il 12 dicembre 1979, divenuta italiana dopo il matrimonio con Gianni Iapichino: in azzurro ha vinto tanto, nel lungo (due ori, un argento e un bronzo mondiali, due argenti olimpici, un argento e un bronzo europeo) e ora ha passato il testimone alla figlia, Larissa, nata a Borgo San Lorenzo (Firenze) il 18 luglio 2002. Nel 2004, vent’anni fa, Andrew Howe, figlio di un calciatore e di una ostacolista statunitense, divenuto cittadino italiano grazie al secondo matrimonio di mamma, era andato a vincere a 19 anni due medaglie d’oro (200 metri e lungo) al Mondiale juniores di Grosseto. Sembravano casi isolati, invece May e Howe hanno rappresentato gli apripista rispetto a chi sarebbe venuto dopo dagli Stati Uniti, dalla Romania, dall’Ucraina, dall’Africa o da Cuba. I ragazzi che guardano ai Giochi di Parigi (26 luglio-11 agosto) hanno storie molto diverse, rappresentano il simbolo di che cosa può produrre l’unione tra etnie diverse oppure le migrazioni, alla ricerca di un futuro differente, scelte complicate, spesso dettate dalla speranza di vivere meglio.
È successo, prima che in Italia, in Francia o in Svizzera, in Gran Bretagna, in Olanda o in Germania; oggi capita soprattutto nei Paesi scandinavi, pronti ad aprire le porte a chi fugge dalla fame e dalla guerra.
Ayomide (traduzione: la mia gioia, in lingua yoruba) Folorunso (l’ho affidata a Dio perché a protegga), nata in Nigeria, ad Abeokuta il 17 ottobre 1996, si è trasferita con i genitori (il padre è geologo minerario) in Emilia: studentessa in medicina, cittadina italiana dal 2015, allenata da Maurizio Pratizzoli, è diventata primatista italiana dei 400 ostacoli e ha portato in nazionale tutta la sua irresistibile voglia di vivere e di correre. Daisy Osakue, primatista italiana di lancio del disco, è nata a Torino il 16 gennaio 1996 da genitori nigeriani, ottenendo la cittadinanza italiana al compimento dei 18 anni. Il doppio oro di Tokyo 2020 (in realtà 2021), Marcell Jacobs è nato a El Paso, il 26 settembre 1994, da madre di Brescia e padre texano: ha doppia cittadinanza, ma ha sempre detto di sentirsi italiano al 100per 100 e ha vinto quello che nessuno in Italia prima di lui aveva conquistato (oro nei 100 e nella staffetta 4x100). Il terzo staffettista dell’oro di Tokyo, Faustino Desalu, è nato a Casalmaggiore (Cremona) il 19 febbraio 1994, da genitori nigeriani, è diventato italiano il 21 febbraio 2012.
Quella che sembra essere destinata a diventare la prima velocista a correre i 100 metri in meno di 11”, Zaynab Dosso, si è trasferita in Emilia con la famiglia dalla Costa d’Avorio: è nata a Man il 12 settembre 1999 e si è ricongiunta ai genitori (arrivati nel 2002), all’età di dieci anni. Mattia Furlani (7 febbraio 2005), saltatore in lungo che sembra volare via con la leggerezza di una piuma, già vicecampione del mondo al coperto a Glasgow in marzo, ha un padre, Marcello, che saltava 2,27 in alto (e anche lui se la cava benissimo nella stessa specialità) e la madre, Khaty Seck, che è stata una velocista senegalese e che ora lo allena con grandi risultati.
E poi c’è Lorenzo Ndele Simonelli (1º giugno 2002), uomo degli ostacoli (argento ai Mondiali indoor nei 60), ma bravissimo anche come frazionista di staffetta (in curva), è nato a Dodoma, in Tanzania, da padre italiano, antropologo, e da madre tanzaniana e si è trasferito a Roma quando aveva cinque anni. C’è la storia di Yeman Crippa, nato a Dassié in Etiopia il 15 ottobre 1996, adottato dalla famiglia Crippa di Milano, che poi si è trasferita a Trento: è campione europeo in carica dei 10.000, sventola il tricolore ad ogni vittoria importante ed è da anni in nazionale insieme con uno dei fratelli, Neka. Il maratoneta marocchino Ilias Aouani, nato il 29 settembre 1995, in Italia dall’età di due anni, poi trasferitosi negli Stati Uniti per studiare e il mezzofondista Osama Meslek, primatista italiano dei 1.500 metri, nato a Vicenza da genitori marocchini l’8 gennaio 1997, hanno un punto in comune non di poco conto: la laurea in ingegneria.
C’è anche un pezzo di Ucraina nella nazionale italiana, a cominciare da Sofia Yaremchuk, 29 anni, di Leopoli, primatista italiana di maratona, trasferitasi a Roma insieme con la madre e cittadina italiana dal gennaio 2021. Il pesista Zane Weir, classe 1995, viene dal Sudafrica ed è naturalizzato italiano dal febbraio 2021, grazie al nonno, Mario: nel 2023, ha vinto il titolo europeo al coperto. Catlin Tecuceanu, specialista degli 800 metri, è nato in Romania il 9 settembre 1999, salvo trasferirsi nel Padovano, al seguito del padre e ottenere la cittadinanza italiana dal novembre 2021.
Il prossimo azzurro sarà il triplista cubano Andy Diaz, nato il giorno di Natale del 1995 a L’Avana: dopo i Giochi di Tokyo, ai quali non ha partecipato per un infortunio, invece di tornare a casa, si è rifugiato in Italia, sistemandosi a Livorno. Ha ottenuto la cittadinanza il 23 febbraio 2023: adesso guarda con grandi ambizioni all’Olimpiade di Parigi. E fa bene.
Lo ha detto in tv anche Fiorello: «Bravi ragazzi, siete fortissimi».