Da Maria Luisa a Mike...
LA CARTOLINA
Di: Augusto Frasca
...il lungo viaggio della RAI.
Un segnale orario
e due voci
per l’inizio di una storia.
Un segnale orario e due voci per l’inizio di una storia. La prima voce è quella di una signora trentaduenne, Maria Luisa Boncompagni. Da una stazione allestita in piena campagna capitolina nella zona dell’attuale Parioli tra Villa Ada e piazzale delle Muse, pronuncerà le parole << URI, Unione Radiofonica Italiana, 1 RO,
stazione di Roma, concerto sinfonico inaugurale >>. Fu il segnale di partenza della prima stazione radiofonica italiana. Subito dopo, toccò alla voce di Ines Viviani Donarelli, violinista, annunciarne da palazzo Corrodi in via Maria Cristina, a due passi dal Lungotevere, la programmazione: << URI, Unione Radiofonica Italiana, 1 RO, stazione di Roma, lunghezza d’onda metri 425.
<A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buona sera.>
Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana per il servizio delle audizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7, primo e secondo tempo >>. Restituita la paternità, o meglio, secondo moda, la maternità dei due annunci, le testimonianze dell’epoca ricordano come la rassicurante voce di Maria Luisa Boncompagni, assunta dall’organismo appena creato con il compenso di 500 lire mensili, avrebbe fatto compagnia ai nostri connazionali per un trentennio, fino al 31 maggio 1954, lasciando traccia memorabile in particolare in Sorella Radio, una meravigliosa trasmissione di alto senso civile rivolta ad infermi e malati d’ogni genere.
Al quarto anno di vita l’URI mutò veste e denominazione trasformandosi in EIAR, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, con un potenziamento delle strutture, un progressivo aumento degli abbonati e il trasferimento della sede, due anni dopo, da Roma a Torino.
Nel 1939, un referendum partecipato da 900.000 abbonati, vale a dire tre quarti degli esistenti sul territorio nazionale, rivelò le preferenze di ascolto degli italiani: in testa il Giornale radio, a seguire varietà, canzoni e opera lirica, in coda, ampiamente prevedibili, ginnastica da camera e listini di borsa. Pochi mesi prima, segnale inequivocabile della potenza dello strumento radiofonico e della sua progressiva credibilità, dagli studi della statunitense Columbia Broadcasting System, un ventitreenne a nome Orson Welles, adulterando la realtà con l’intuito e la disinvoltura del fuoriclasse, gettò nel panico mezza nazione annunciando sulla terra un’invasione di marziani.
Furono necessarie quarantotto ore e un martellamento di notiziari prima che la notizia sparisse dall’orizzonte. Tornando a casa nostra, la Radio Audizioni Italia aprirà gli occhi a guerra mondiale neanche conclusa, trasformandosi dieci anni dopo, era il 1954, in Radiotelevisione Italiana.
Primo ad inugurarne la nascita, dopo un giudizioso ripasso della lingua italiana e della dizione alla corte di Maria Luisa Boncompagni, un nativo di New York passato nelle scuole torinesi, con trascorsi da partigiano e da discreto saltatore in alto, Michael Nicholas Salvatore ‘Mike’ Bongiorno.