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Ricordando il "pioniere" Christian BARNARD

Barnard 1
 
 
 
LA STORIA
 
 
In Dicembre a Torino
commemorazione
di un evento storico
per la Medicina
 
Barnard, l’audace pioniere
che con il primo trapianto
cardiaco in un essere umano
cambiò, 50 anni fa, il mondo

 

 
Nella millenaria storia della medicina si susseguono eventi straordinari.
Uno di questi, in età moderna, si chiama trapianto di cuore: 50 anni fa, il 2 dicembre 1967, uno sconosciuto cardiochirurgo sudafricano bianco, Christian Barnard, batteva sul tempo i potentissimi americani trapiantando il cuore di una giovane ragazza di 24 anni, morta in un incidente stradale, nel torace di un uomo cinquantenne. Bianca lei, bianco lui: erano i drammatici giorni dell’apartheid. Ma Barnard fece di più e non esitò a intervenire sui neri e sui bianchi. Per celebrare il primo trapianto di cuore al mondo la Società Italiana di cardiologia, l’Accademia di Medicina e altre istituzioni stanno preparando per il prossimo dicembre una commemorazione di quell’avvenimento che scosse il mondo. Qui ne raccontiamo le fasi salienti.
 
A cura di: Ernesto Bodini
 
I trapianti di parti del corpo da un individuo all’altro affascinano l’uomo da tempo immemorabile, come testimonia la presenza di narrazioni mitiche sull’argomento e dei primi tentativi fatti dal medico bolognese Gaspare Tagliacozzi (1545-1599).
Ma in precedenza, se vogliamo “rinverdire” la storia, alcuni ricercatori sostengono di aver individuato la prima rappresentazione pittorica di chirurgia dei trapianti, e la scena ritrarrebbe un intervento avvenuto intorno al V secolo d.C., ossia 1400 anni prima che la Medicina moderna teorizzasse il trapianto.
Il dipinto, del XIV sec., si trova nel North Carolina Art Museum di Raleigh (USA) e raffigura la storia di un presunto miracolo operato dai santi e fratelli Cosma e Damiano (medici anargiri: visitavano e curavano i malati senza farsi pagare), i quali, secondo una tradizione, presero una gamba sana da un uomo deceduto e la posero al posto di una gamba affetta da cancrena di un altro uomo. I ricercatori italiani affermano che si tratta della prima raffigurazione di un trapianto di arti (Il dipinto è del pittore Matteo di Pacino, realizzato tra il 1370 e il 1375 d.C.).
Non sorprende quindi il fatto che l’evoluzione della Medicina moderna sia stata accompagnata da continui tentativi di trapianto, che hanno evidenziato al tempo stesso le difficoltà operative e i limiti delle conoscenze biologiche alla base delle tecniche impiegate, soprattutto nell’ambito della Cardiochirurgia. Nel suo libro di testo sulla Chirurgia (1896) il chirurgo inglese Stephen Paget (1855-1926), scriveva: «La chirurgia del cuore ha probabilmente raggiunto il limite impostato per natura a tutti gli interventi chirurgici; nessun nuovo metodo e nessuna nuova scoperta possono superare le difficoltà naturali che attendono una ferita del cuore»
Il chirurgo e biologo francese Alexis Carrel (1873-1944), mise a punto una tecnica per collegare tra loro i vasi sanguigni tra organo trapiantato e corpo umano. Lo sviluppo di queste nuove tecniche chirurgiche, associato all’evento della moderna anestesia e della riduzione delle infezioni postoperatorie, avrebbero reso i trapianti una pratica realizzabile ed efficace. Per questi studi Carrel è stato insignito del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 1912.
Nel 1933 l’ucraino Yurii Veronov riuscì a realizzare il primo trapianto di rene su una donna di 26 anni che aveva tentato il suicidio ingerendo del cloruro mecuroso (noto anche con il nome di calomelano, peraltro usato in medicina interna come lassativo e antisettico fino al XIX secolo, nda). Anche se il trapianto si dimostrò tecnicamente riuscito, la paziente sopravvisse solo 48 ore a causa del fenomeno del rigetto immunitario.
Nel 1946 il russo Vladimir Demikhov (1916-1998) riuscì nel primo trapianto cardiopolmonare in un cane, gettando le basi per i tentativi nell’uomo. La tecnica messa a punto da questo chirurgo sarebbe stata migliorata negli anni successivi, tanto da diventare nel futuro riferimento per la realizzazione del primo intervento cardiaco sull’uomo.
Nel 1952 i chirurghi francesi Renè Kuss (1913-2006), Charles Dubost (1914-1991) a Parigi, e Marceau-Henri Servelle (1912-2002) a Crèteil effettuarono una serie di trapianti con reni rimossi da condannati alla ghigliottina, i quali avevano accettato di donare i loro organi prelevati subito dopo l’esecuzione (come si ricorderà l’ultima avvenne nel 1977 e la pena capitale in Francia fu abolita nel 1981, nda). L’anno successivo, il nefrologo Jean Hamburger (1909-1992), in collaborazione con l’urologo Louis Michon (1892-1977) dell’ospedale Necker di Parigi, documentò un trapianto di rene da madre a figlio: l’organo funzionò per tre settimane prima di essere rigettato. In seguito il procedimento fu sviluppato ed eseguito dal dott. Kuss e da altri chirurghi francesi. 
 
I primi risultati attrassero studiosi da tutto il mondo sollecitando un crescente interesse nell’opinione pubblica, ma restava ancora insoluto il problema del rigetto. La svolta nella definitiva comprensione del meccanismo si ebbe il 22 dicembre del 1954 quando, presso il Peter Bent Brigham Hospital di Boston (voluto dal suo omonimo e filantropo dott. Peter Bent Brigham (1807-1877), fu prelevato un rene dal paziente (vivente) Ronald Herrik ad opera dell’urologo americano John Hartwell Harrison (1909-1984) e trapiantato dal suo connazionale Joseph Edward Murray (1919-2012, quest’ultimo ebbe il Premio Nobel per la Medicina nel 1990) nel gemello monozigote del donatore, Richard, di 22 anni, nel quale non insorsero fenomeni di rigetto tanto che sopravvisse per 25 anni.
Era già noto che i gemelli monozigoti non rigettano i trapianti di pelle fra di loro, ma il successo di Murray e della sua équipe diedero la spinta definitiva allo sviluppo delle ricerche sulle barriere immunologiche e sui farmaci immunosoppressori. Nel 1960 il biologo britannico Peter Medawar (1915-1987) ricevette il Nobel per la Medicina per i suoi studi sul modo in cui il sistema immunitario riconosce corpi estranei per mezzo degli antigeni, attivando di conseguenza le procedure di rigetto attraverso la produzione degli anticorpi.
Approfondimenti, confronti e “sfide” che hanno determinato la tappa fondamentale nella trapiantologia a partire dal 1967, quando il cardiochirurgo sudafricano Christian N. Barnard, suo fratello Marius Stephen e una squadra di 30 operatori tra medici, infermieri e perfusionisti effettuarono all’ospedale Groote Schuur di Città del Capo il primo trapianto cardiaco al mondo. Un mondo che subito si chiese chi fosse questo anonimo professionista destinato a diventare in poco tempo un idolo, adorato ovunque.
 
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