La tossicità cardiologica da farmaci immunologici
L'INFORMAZIONE
Evento raro
ma grave...
In questo Articolo
numero 1)
si introduce un argomento
che verrà sviluppato
in due successivi documenti.
Di: Alessandro Comandone - Tiziana Comandone
Il GITR non si interessa solo di tumori rari divulgandone la conoscenza, ma anche di eventi rari che si verificano in Oncologia. In questo articolo si introduce un argomento che verrà sviluppato in due successivi documenti: La tossicità cardiologica da farmaci antitumorali.
Il rapporto tra immunità e tumori è un processo studiato fin dagli anni 50 del secolo scorso.
Burnett e collaboratori in tale periodo formularono la teoria della immunosorveglianza e di suoi rapporti con il cancro. Secondo tale teoria quotidianamente in tutti non avvengono delle mutazioni del DNA che possono portare alla formazione di tumori, fortunatamente il sistema immunitario, a quel tempo poco conosciuto, impedisce che queste cellule mutate si replichino ad oltranza e in questo modo l’evento tumore è percentualmente raro rispetto alle mutazioni che si registrano nel nostro corpo.
A fine XX secolo e all’inizio del nuovo millennio Dume e poi Schreiber elaborano la teoria di Burnett e coniano il termine di “immunoediting”.
I due autori dimostrano su animali da esperimento con tumori indotti che in una prima fase prevale l’azione vincente dell’immunità: le cellule tumorali sono riconosciute e distrutte impedendo il verificarsi del tumore.
Con il procedere del tempo, moltiplicandosi gli eventi di replicazione cellulare e invecchiando il sistema immunitario dell’ospite, il tumore non è più distrutto, ma rimane in una sorta di letargo nell’organismo. L’immunità impedisce che divenga aggressivo, invasivo e pericoloso.
In una terza fase si ha la perdita di competenza dell’immunità e il tumore diventa vincente manifestandosi e creando gravi danni all’ospite.
In realtà sin dalla fine del 1800 la Medicina ha cercato di contrastare l’evoluzione dei tumori con molte terapie talora empiriche e le terapie immunologiche hanno avuto un ruolo minore ma significativo.
A fine 800 e inizio 900 si introdusse la terapia pirogena nella speranza che accessi febbrili o una temperatura elevata costante, prossima ai 40° C potesse evocare una reazione immunitaria capace di fermare il tumore. La Storia della Medicina ci racconta di grandi insuccessi in questo campo con gravi e ingiustificate sofferenze per i Malati.
Negli anni 60 finalmente si inaugurò un trattamento basato su evidenze scientifiche.
Il grande scienziato e clinico francese George Mathé applicò le instillazioni intravescicali di BCG (bacillo attenuato della tubercolosi) in Malati con carcinomi epiteliali della vescica. Tale terapia volta a creare una forte reazione immunitaria a livello della parete vescicale, si rivelò efficace soprattutto nel prevenire il riformarsi dei carcinomi di piccole dimensioni e di rallentare la loro evoluzione in tumori invasivi. Tale tecnica è ancora oggi ampiamente utilizzata.
Negli anni 1980 vennero introdotti nella cura del melanoma e del carcinoma renale gli Interferoni e l’Interleuchina 2 con risultati alternanti e solo in percentuali di Pazienti.
Oggi tali terapie sono in disuso a fronte di trattamenti più moderni ed efficaci.
Negli anni 90 esordirono i vaccini con estratti di cellule neoplastiche: DNA, RNA, frammenti di membrana cellulare. I risultati di questi trattamenti furono deludenti e in Europa mai approvati per l’uso clinico.
Finalmente nel decennio 2010-2020 le scoperte di immunologia di base hanno permesso la creazione di farmaci che riattivano la reazione immunitaria contro il tumore già conclamato.