Cartoline dal Passato - Vittorio Gassman, uno… centomila. Il "mattatore"
LA CARTOLINA
Di: Augusto Frasca
In un inverno del 1956
furono la curiosità,
gli studi classici
e la sensibilità di un docente
a suggerire a quattro diciottenni
d'un Liceo romano di varcare
l'ingresso del Teatro Quirino.
In un inverno del 1956 furono la curiosità, gli studi classici e la sensibilità di un docente a suggerire a quattro diciottenni d'un Liceo romano di varcare l'ingresso del Teatro Quirino. Fu, quella, la prima volta che vidi di persona Vittorio Gassman, segnato da una notorietà che ne faceva il miglior prodotto tra le nuove generazioni del teatro nazionale. All'epoca trentaquattrenne, aperto contemporaneamente da tempo, in Italia e all'estero, a incursioni cinematografiche che non avevano in realtà lasciato tracce decisive nella storia e nell'evoluzione della settima arte, quella sera l'attore era impegnato in una interpretazione che alla vigilia più d'un critico aveva ritenuto ai limiti della temerarietà, recitare cioè l'Otello di Shakespeare alternandosi di serata in serata, nei ruoli di Jago e del Moro di Venezia, con un altro colosso del teatro classico, Salvo Randone.
Il giorno successivo, l'irresponsabilità di un gruppo di allievi che gestivano il giornalino dell'Istituto, un modesto ma diffusamente saccente ciclostilato di quattro pagine, affidò al sottoscritto la recensione di uno spettacolo che fu poi, con il succedere delle stagioni, unanimemente considerato, per l'originalità dell'iniziativa e la qualità degli interpreti, tra i momenti più significativi nella storia del teatro classico, italiano e non solo.
Ne uscì fuori una pagina che la generosità del responsabile delle titolazioni, mentre faceva crescere nei miei confronti, in una con la gelosia dei compagni di classe, l'attenzione delle compagne, ebbe tuttavia il torto di elevare il titolo al rango di una pubblicazione iperspecializzata: Luci ed ombre nell'Otello di Gassman.
Quella serata al Quirino, doppiamente storica per un giovane alle soglie della maturità, fu dunque la prima volta, e anche l'ultima, che favorì l'occasione di assistere di persona ad uno spettacolo di Gassman. Tutto il resto del poliedrico personaggio è noto ai più.
Due anni dopo l'Otello teatrale, a partire dai Soliti ignoti, pellicola magistralmente guidata dalla sceneggiatura del binomio Age&Scarpelli e dalla regia di Mario Monicelli, seguita a distanza ravvicinata dalla Grande guerra, dal Sorpasso, dal capolavoro linguistico e fotografico costituito dall'Armata Brancaleone e dall'esplosiva parentesi televisiva del Mattatore, il figlio di Heinrich Gassmann, ingegnere civile di Karlsruhe, rivelò in tutta la sua potenza una versatilità che, pur in presenza concomitante di attori del calibro di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini, non ha pari nella storia dello spettacolo italiano.
C'eravamo tanto amati, La Terrazza, Profumo di donna, tratto dal romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino, furono le tappe successive e determinanti di una lunga e fortunata carriera cinematografica, simbolicamente archiviata, nel 1987, almeno per chi scrive, con La Famiglia, splendida pellicola resa preziosa dalla presenza di Fanny Ardant.
Tuttavia, qualche anno dopo, il richiamo del vecchio teatro, rivelandone l'assenza, come un atto dovuto o un'eredità annunciata tornò a farsi vivo: nel 1993, settantunenne, Vittorio Gassman lasciò un superbo, irrinunciabile tributo al primo amore, registrando quaranta canti della Commedia del suo amato Dante.
Nel 2000, al passaggio del secolo, il 'mattatore' salutò definitivamente il suo pubblico. Una lastra di marmo, al Cimitero romano del Verano, ne ricorda il passaggio in vita.