Quando "prendere peso" diventa grave...
LA CORRELAZIONE
Obesità e Tumore
La cultura del cibo
più forte del rischio
per la salute?
Di: Davide Deangelis
In quest’epoca di esaltazione gastronomica, dove i programmi televisivi inneggiano a sempre più ardite conquiste organolettiche e sbocciano nuovi locali in cui si sperimentano tripudi di sapori, criticare l’imperante cultura del cibo, significa macchiarsi di blasfemia. Questa nuova forma di religione ha i suoi adepti, i suoi vati e le sue profferte. Tra le divinazioni dei grandi chef stellati sempre pronti ad osare accostamenti inusitati e gli esperimenti casalinghi di seguaci debitamente indottrinati dalle migliaia di video che spopolano on line, ricordare che il cibo è innanzitutto un insieme di sostanze nutrizie che servono a sostentarci, prima ancora che profitto o socializzazione, è doveroso, soprattutto perché offre l’occasione per considerarlo un diritto negato a miliardi di persone vinte dalla fame. E un potenziale rischio per la salute.
Se infatti nell’immediato dopoguerra disporre di alimenti significava garantirsi un futuro più roseo e le persone più pasciute erano giudicate fortunate e viste con invidia, oggigiorno nei Paesi cosiddetti sviluppati, l’eccesso di cibo, la sua (presunta) agevole disponibilità, associati alla indomabile sedentarietà, contribuiscono a far aumentare il girovita, con tutte le perniciose conseguenze ad esso annesse. Diabete, ipertensione, tumorigenesi, disturbi digestivi e ormonali sono infatti imputabili al sovrappeso e soprattutto all’obesità. L’eccesso di peso non è una condizione da sottovalutare, è anzi un problema severo e il termine gravità si presta per la sua etimologia e per il senso a sollecitarne la suggestione. Un peso è qualcosa che pende e pendola sopra le nostre teste, una sorta di spada di Damocle che deve preoccuparci sempre, di cui dobbiamo aver cura, perché il pendolamento prima o poi raggiungerà il centro del suo movimento oscillatorio e graverà su di noi. Non possiamo rinnegare la nostra vocazione terrestre, ma se istintivamente proviamo ammirazione per i corpi leggeri, capaci di innalzarsi, di levitare appunto, e repulsione per quelli che strisciano goffamente e aderiscono completamente al terreno, non è soltanto per l’immagine evocativa riconducibile al noto episodio biblico della Genesi. Essere obesi significa essere fuori misura. Pur consapevoli che il concetto di normalità è stato sottoposto a innumerevoli revisionismi, che è stato piegato ai più miserabili fini e che continua ad essere in perenne rimaneggiamento interpretativo, possedere un indice di massa corporea, cioè il rapporto tra il peso e il quadrato dell’altezza, superiore a 25kg/m equivale ad esporsi a maggior rischio di malattia, anche tumorale.
Sono molti gli studi degli ultimi vent’anni che hanno ormai stabilito una correlazione lineare tra aumento di peso e insorgenza di neoplasie, in particolare all’endometrio, alla mammella, al colon, all’esofago e al rene. I meccanismi, chiari solo in parte, possono essere genericamente suddivisi in diretti e indiretti: ossia derivanti dal solo aumento del peso o dalle sostanze endocrine prodotte dal tessuto adiposo in eccesso. Nuove acquisizioni scientifiche ci permettono di comprendere che le cellule dell’adipe, gli adipociti, sono di due tipi, “buone” e “cattive” (come il colesterolo!) e che non fungono solo da riserva energetica per l’organismo, ma concorrono a secernere sostanze ormonali capaci di modificarne l’assetto endocrino.
Modificando la resistenza insulinica essi determinano non solo la comparsa del diabete mellito, ma anche la circolazione di quell’ormone anabolizzante che è l’insulina, in grado di stimolare la crescita cellulare, di stipiti non perfettamente controllabili. Favoriscono la produzione di ormoni sessuali femminili a partire da quelli maschili, con maggior biodisponibilità per gli estrogeni, particolarmente temuti per l’insorgenza del tumore al seno nelle donne in post-menopausa e responsabili dell’aggravamento della sindrome dell’ovaio policistico, una delle prime cause del tumore all’endometrio. Il grasso in eccesso svolge anche una pericolosa azione meccanica di costrizione, di schiacciamento ab extrinseco dei vasi sanguigni con conseguente aumento della pressione sistemica e quindi ipertensione maligna. A livello renale tale condizione sembrerebbe peggiorare il rischio relativo della formazione di una neoplasia in questa sede. In effetti le sostanze rilasciate dagli adipociti, definite adipochine, sono analoghe a quelle secrete dall’infiammazione cronica, le citochine, entrambe promotrici della tumorigenesi e della disseminazione a distanza delle cellule neoplastiche, perché direttamente implicate nello sviluppo del microambiente tumorale. Ma non solo: la sovrabbondanza di peso gastrico causa frequentemente una pressione a valle dell’esofago, determinando i noti sintomi da reflusso gastroesofageo, che, se sottovalutati, degenerano nella malattia di Barrett, con pericolosa sostituzione delle cellule della mucosa esofagea con quelle intestinali. E quindi, come sempre accade nel nostro corpo, quando si crea un tessuto diverso da quello embriologicamente predisposto si mostra il fianco a una inopinata trasformazione, chiamata neoformazione, ossia una formazione nuova in una sede diversa da quella corretta.
Dopo queste rapide pennellate, è possibile intravvedere lo scenario che l’obesità può delineare e quanto impegno occorre prestare per controllare un nemico subdolo, che è ben più grave del semplice disagio estetico di chi ne è affetto. E come per tutti i nemici mortali, solo lo sforzo congiunto di più persone, associazioni e istituzioni può arrestarne l’avanzata. Ecco perché promuovere una sana cultura del cibo e dell’attività fisica, che sia svincolata da interessi commerciali e sia impartita pedagogicamente fin nella scuola primaria, rappresenta una strategia fondamentale alla promozione della salute, soprattutto nel nostro sempre più panciuto Occidente.