Avere cura di chi si prende cura
IL SUPPORTO
Uno sguardo al caregiver
di pazienti affetti da sarcoma.
Quando si parla
di malattia oncologica
è necessario fare riferimento
non soltanto al paziente
che la sperimenta
in prima persona,
ma all’intera famiglia
di cui fa parte.
Di: C. Grimaldi - F. Lupano - M. Gonella
La malattia rappresenta una esperienza di sofferenza individuale e un cambiamento di status del soggetto, che coinvolge anche la dimensione relazionale.
La diagnosi oncologica è un evento che produce una crisi all’interno della vita del soggetto, incidendo profondamente sulla sua identità e rendendo necessario un confronto con il senso di impotenza, vulnerabilità e, inevitabilmente, con la morte.
Il passaggio da uno stato di salute a una condizione di malattia rappresenta una vera e propria “rottura biografica”, che richiede al soggetto un cambiamento sostanziale della propria identità individuale. Appare chiaro, dunque, come in questo quadro siano inevitabili cambiamenti di ruolo, disorganizzazione e difficoltà comunicative all’interno della famiglia del malato. La diagnosi diventa, così, un elemento che rompe l’omeostasi familiare, modificando l’equilibrio interno del sistema e determinando la necessità di attivare un processo di adattamento finalizzato alla creazione di un nuovo equilibrio, il cui raggiungimento dipenderà dalla natura della struttura familiare precedente alla situazione di crisi e alle risorse individuali dei singoli componenti.
I cambiamenti interni al sistema familiare determinano l’acquisizione, per uno o alcuni membri della famiglia, del ruolo di caregiver, ovvero colui che “in virtù di un legame affettivo o familiare, si prende cura, in modo informale e gratuito, di una persona cara in condizioni di non autosufficienza, in presenza di disabilità o bisognosa di assistenza per un tempo prolungato”. I compiti dei caregivers possono riguardare sia una dimensione più “pratica”, legata strettamente alle cure, tra cui l’accompagnamento alle visite e ai trattamenti, la ricerca di centri di cura e la gestione quotidiana degli effetti collaterali, sia una dimensione più “emotiva”, che riguarda il supporto psicologico del paziente e, quando necessario, degli altri membri della famiglia. In questo senso, le attività di cura e assistenza svolte dal caregiver nei confronti del paziente risultano fondamentali, in quanto rappresentano un aiuto sostanziale al sistema di sanità pubblica. Tuttavia, molto spesso i caregivers si trovano a svolgere attività per cui sono scarsamente preparati, che rendono molto faticosa l’attività quotidiana e che impattano negativamente sul benessere psicofisico. In aggiunta a questo quadro, inoltre, è importante ricordare che anche i caregivers sono esposti a sentimenti di paura ed incertezza scatenati dalla malattia, che spesso non vengono verbalizzati ed espressi nel tentativo di non appesantire ulteriormente il malato e la famiglia in generale.
In questo senso, si parla di “Burden”, facendo riferimento al grado di compromissione che il caregiver percepisce in relazione al carico assistenziale a cui viene sottoposto, da cui possono derivare diverse problematiche di natura fisica, emozionale, sociale e finanziaria. La tensione emotiva, il carico oggettivo e la preoccupazione a cui sono esposti i caregivers rappresentano fattori di rischio significativi rispetto all’insorgenza di aspetti psicopatologici quali ansia e depressione, che impattano direttamente sulla salute e la qualità della vita sia del caregiver stesso che del paziente.
È importante sottolineare come un’adeguata preparazione e il supporto fornito ai caregivers abbiano un impatto diretto anche sulla salute dei pazienti. Infatti, se è vero che l’“influenzamento emozionale” descrive la maggiore probabilità del caregiver di sviluppare sintomi psicopatologici quando il paziente li presenta, è vero anche che un caregiver assente, inadeguato, affaticato o eccessivamente preoccupato rappresenta un ostacolo al trattamento. Al contrario, la disponibilità da parte dei familiari a parlare della malattia incoraggiando l’espressione emozionale preserva la salute mentale del paziente, facilitando l’adattamento alla malattia e l’aderenza alle cure.
Un’esperienza positiva di cura, inoltre, fornisce al caregiver la possibilità di apprendimento, accrescimento dell’autostima e miglioramento della propria capacità di gestire e fronteggiare situazioni di crisi. Il supporto psicologico e pratico al caregiver, dunque, diventa fondamentale per poter permettere al paziente e alla famiglia il migliore adattamento possibile alla malattia.
Un’esperienza positiva di cura, inoltre, fornisce al caregiver la possibilità di apprendimento, accrescimento dell’autostima e miglioramento della propria capacità di gestire e fronteggiare situazioni di crisi. Il supporto psicologico e pratico al caregiver, dunque, diventa fondamentale per poter permettere al paziente e alla famiglia il migliore adattamento possibile alla malattia.
Un ulteriore elemento che intensifica l’esperienza di caregiving, può essere identificato nel processo di lutto anticipatorio, in cui l’esperienza della morte del proprio caro viene vissuta quasi come una liberazione (es. “non ce la faccio più, non potrebbe essere già morto”, oppure “quando non ci sarà più farò quel viaggio che avrei sempre voluto fare”), suscitando forti emozioni legate alla colpa e alla rabbia.
La letteratura testimonia come la massiccia presenza di stress e sofferenza durante il periodo di caregiving attivo abbiano un impatto importante sulla capacità dei famigliari di fronteggiare il lutto. Un forte senso di inadeguatezza, la tendenza a chiedersi come sarebbero andate le cose con una diagnosi tempestiva, il forte stress legato all’urgenza delle cure e il breve tempo che può intercorrere tra la scoperta del tumore e la perdita del familiare, sono elementi che possono complicare il processo di lutto.
La letteratura testimonia come la massiccia presenza di stress e sofferenza durante il periodo di caregiving attivo abbiano un impatto importante sulla capacità dei famigliari di fronteggiare il lutto. Un forte senso di inadeguatezza, la tendenza a chiedersi come sarebbero andate le cose con una diagnosi tempestiva, il forte stress legato all’urgenza delle cure e il breve tempo che può intercorrere tra la scoperta del tumore e la perdita del familiare, sono elementi che possono complicare il processo di lutto.