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"Le Parole che Curano" - Non c'è più rispetto... Vediamo come fare


Logo Parole che Curano 5Sordi vitelloni
 
 
 
LA RUBRICA
 
L’ARTE DELLA PAROLA
Come nascono i sentimenti
del bello e dell’ammirevole
 
RISPETTO,
E I NOSTRI OCCHI
VOLGONO AL CIELO

 

A cura di: Davide Deangelis

Chi non ricorda la celebre scena del film di Fellini, “I Vitelloni”, dove un giovane e sfaccendato Alberto Sordi dileggia con motti e sbeffeggia con gesti offensivi dall'alto di una carrozza un gruppo di contadini chini ed intenti al loro lavoro? Quanta maleducazione e mancanza di riguardo si enfatizza in quell'episodio, che, ricordiamo, si conclude con una, seppur misera, consolatoria nemesi?
Ebbene, il grande regista romagnolo ha saputo dipingere un icastico esempio di che cosa non sia il rispetto, perché esso si fonda proprio su una sincera attenzione verso l'esistenza e la condizione dell'altro, soprattutto se inferiore al soggetto agente. Nella parola rispetto, tra le più significative per la costituzione di una società e tra le più dense di riferimenti filosofici e giuridici, scorgiamo l'etimologia del verbo latino 'spicere' (guardare) a cui è stato aggiunto il prefisso 're' con il senso iterativo di continuazione, ripetizione duratura e protratta. 
 
Rispetto significa dunque guardare con attenzione, di nuovo, con scrupolo, quindi osservare, contemplare: si percepisce fin da subito che si può posare lo sguardo insistentemente solo su qualcosa o qualcuno che ha un valore attivo o potenziale per l'osservatore. Questa osservazione meticolosa e paziente, che sottrae energie e tempo, si trasforma in riguardo di gesti e parole che vengono usati con riserbo ed in contesti riservati, dove proteggere il bene oggetto dell'attenta ammirazione. Si contempla e si ammira solo ciò che suscita in noi il sentimento del bello e del sublime e che, secondo le considerazioni di Kant, possono innescare delle emozioni e muovere a comportamenti eticamente irreprensibili.
 
Contempliamo le bellezze della natura e in particolare l'uomo volge il suo sguardo al cielo stellato: da sempre i nostri occhi sono pieni di ammirazione verso la volta celeste. Lo erano per Talete e per Dante, così come per Galileo e Hawking, tanto che si è fatta strada la teoria che solo l'essere umano sia ontologicamente predisposto per tale osservazione, perché l'unico tra gli animali a raggiungere una estensione del collo così ampia da consentire di porre la propria visione binoculare verso l'alto, quasi perpendicolarmente al suolo.
 
Nessuno degli altri animali definiti filogeneticamente superiori, predatori, dotati di vista binoculare, o erbivori, con occhi posti lateralmente, sono in grado di eguagliarci. Siamo nati per guardare le stelle e della loro polvere siamo costituiti, come poeticamente si espresse l'astronomo Krauss, ecco perché rispettando l'altro, lo teniamo da conto, lo consideriamo (da cum- tenere stretto, insieme, e siderare guardare le stelle), ossia lo guardiamo con la stessa attenzione con cui si scrutano gli astri, perché fondamentali per l'orientamento, la navigazione, la determinazione delle stagioni agricole o la divinazione del futuro come avveniva tra gli Antichi, o perché “semplicemente” fastigi della natura o del Creato. 

Stelle

Il rispetto dunque presuppone uno sguardo orizzontale verso l'altro ed uno verticale verso l'Alto: si ha rispetto per l'uomo e se ne deve mostrare verso i simboli identificativi delle religioni, verso i quali si parla più correttamente di venerazione. In effetti, il rispetto ha senso solo verso persone di pari o inferiore grado o condizione. Non si può provare verso chi è più potente, né costui potrebbe apprezzarlo: oderint dum metuant , (mi) odino purché (mi) temano, era solito ripetere Caligola, che tutto si può dire, tranne che ebbe rispetto verso i suoi sudditi, né ovviamente lo dimostrarono i suoi assassini! 

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