I Quadretti - Il "Silenzio Assordante" dello sport
IL QUADRETTO
Di: Gianni Romeo
Come spettatori
sagome di cartone.
Lo spettacolo piange...
Autunno, qualche nuvola in più macchia l’azzurro, ricolloca la pandemia in prima fila nei nostri pensieri. Quali vie di fuga per annusare la vita di prima? Si è ridotta anche l’offerta dello spettacolo, dello sport, manca quella facile evasione dal quotidiano che ricevevamo dai suoni e dai gesti. Il concerto, la partita di pallone già celebrata da Rita Pavone più di mezzo secolo fa…
Ma ecco che noi, l’ex pubblico, i guardoni, facciamo ora una scoperta sorprendente: anche noi manchiamo a loro, agli attori, ai cantanti, agli sportivi.
Forse non siamo soltanto la comitiva pagante che fa da cornice al quadro ma recitiamo una parte, nello spettacolo, ora avvolto in un silenzio assordante. Il direttore d’orchestra che scrive nell’aria la musica con la sua bacchetta, il cantautore che si mangia il microfono, l’idolo degli stadi che esegue la sua veronica come un matador sono più piccoli senza l’applauso o i fischi?
Lo spettacolo piange quando è chiuso nella cappa del silenzio.
Come la pensa Renato Zaccarelli, leader del gruppo che conquistò l’ultimo scudetto con il Torino (anno 1976), che oggi commenta la serie A sul canale Sky? Un gentiluomo ieri in campo (mai un’ammonizione), un gentiluomo ora che deve giocare con le parole, spesso più sfuggenti e difficili da governare di un pallone. <Il pubblico del calcio è un suggeritore tutt’altro che occulto, il suo rumoroso giudizio ha un peso sul giocatore. Fai un bel tiro, arrivano gli applausi, allora ci riprovi; un errore banale spesso ti limita, ti inchioda a fare un compitino… Poi molto dipende dal temperamento, c’è anche chi reagisce positivamente ai fischi, adesso vi faccio vedere chi sono…
Al campo del Toro la mitica curva Maratona, caldissima, con i suoi incitamenti e il suo folclore si era guadagnata il titolo di giocatore granata Numero 12; ebbene, noi sapevamo coinvolgerla con i gesti, con le giocate aggressive e quel Numero 12 lo sentivamo sulla nostra pelle. Oggi invece nel mio lavoro sto davanti a un acquario, il silenzio ci avviluppa tutti, anche certi atteggiamenti dei giocatori sono più difficili da interpretare… E i commentatori che mettono più voce, più enfasi per riempire il vuoto sembrano fuori posto, quasi vogliano disturbare un rito>.
Dal calcio, sport di squadra con la massima partecipazione emotiva, all’atletica leggera, l’uomo, la donna, contro se stesso. Ne parla Augusto Frasca, studioso dello sport in generale e della disciplina più antica del mondo in particolare, dirigente di vertice quando l’atletica raggiunse il top ai tempi di Primo Nebiolo. L’assenza del pubblico negli stadi può favorire i gesti e le prestazioni in una disciplina che è quasi una religione? Citiamo come esempio recente il record dello svedese Armand Duplantis, 6 metri e 16 nel salto con l’asta, nel silenzioso stadio Olimpico di Roma. Frasca: <Può accadere ed è accaduto che una grande prestazione avvenga in assenza di folla, ma è legittimo chiedersi se Duplantis, impegnato al massimo delle proprie energie fisiche e psichiche, non abbia tenuto conto nell’occasione del pubblico di portata planetaria costituito dalla diffusione televisiva.
Ormai il grande sport, come il concerto, non ha confini. Ma come si fa ad immaginare un incontro di pugilato o una sfida al calor bianco nel mezzofondo?
Lo spettatore preparato vive in tribuna le stesse sensazioni dell’atleta in campo e l’atleta ne è cosciente, traendone motivi aggiuntivi di esaltazione>.
Frasca apre uno scenario nuovo: mezzi moderni di diffusione non lasciano mai solo il protagonista del grande spettacolo.
Lui ne è cosciente, lo sa.
È come se un artista, pittore, musicista, compositore, si impegnasse nella costruzione di un’opera privandosi del desiderio, dell’ispirazione che un giorno il pubblico sarà portato a magnificarla o a battere le mani…