Solidarietà spontanea oltre la logica personale...
IL CONFINE
Non è semplice
tracciare il confine
tra spontaneità e
“doveri sociali”
riconosciuti dalle Istituzioni
Da: Il mio giornale
Dico la mia - Evidenza - 29 Settembre 2022 - Ernesto Bodini
Di: Ernesto Bodini
È noto da tempo che nel nostro Paese esistono da decenni alcune migliaia di associazioni di volontariato, operanti nei più svariati ambiti.
È un vero e proprio esercito della solidarietà, in gran parte impegnato nell’ambito della sanità e dell’assistenza e quindi anche dell’emarginazione sociale. Va da sé che la stragrande maggioranza, di queste associazioni, se non tutte, si “sostituiscono” in un modo o nell’altro alle Istituzioni alcune volte carenti e altre volte assenti per i ruoli di loro spettanza, di conseguenza sorge spontanea la domanda: è lecito che ciò avvenga? Più volte ho esaminato questa realtà e nel tempo sono giunto alla seguente considerazione: - dal dopoguerra ad oggi l’Italia si è sempre basata sulla generosità del suo popolo e in quel primo periodo ciò era più che giustificato, in considerazione del fatto che c’era un Paese intero da ricostruire dopo la devastazione a causa del conflitto, ma in seguito, ossia quando ci fu una netta ripresa in tutti i settori (periodo anni ’60-’70 in particolare), l’intervento del volontariato in parte sarebbe stato meno “giustificato”, ad eccezione di situazioni puramente personali quindi non di competenza delle Istituzioni -.
Nulla da obiettare, ovviamente, sulla spontaneità di azioni a sostegno del prossimo, ma ciò non deve essere confuso con ciò che compete le Istituzioni in tutti i suoi comparti.
Quindi quali conseguenze di questo eccesso di volontariato? Con tutta obiettività bisogna ammettere che lo Stato dalla metà degli ’70 in poi si è adagianto, per così dire, sul buon cuore di molti cittadini i quali a loro volta si sono sentiti (e si sentono) sempre più gratificati per la loro scelta di dedicarsi al prossimo e parimenti di accettare riconoscimenti per il loro operato sotto forma di medaglie, targhe, pergamene ed encomi di vario tipo in varie sedi.
Certamente questo rientra nella liceità delle relazioni sociali, ma va anche detto che tale elargizione non fa che incrementare un edonismo incontrollato, come a dire che ad ogni buona azione ci si aspetta di salire sul podio per ricevere questo o quel riconoscimento… che mai nessuno ha voluto rifiutare.
Anch’io in anni trascorsi (ormai lontani) ho ricevuto tali attenzioni ed encomi, ma con il tempo è sopravvenuto in me il senso di quella che definisco “consapevolezza degli effetti sociali”, tant’è che da tempo sono riposti in un contenitore…lontani da occhi curiosi. Allo stesso tempo noto invece che molte delle associazioni sono sempre più propense nell’ostentare il loro operato, non solo a titolo di esempio e sensibilizzazione, ma anche per “dare lustro” a quella sorta di teatralità in cui compaiono, come dicevamo prima, elargizioni di targhe, pergamene, medaglie, trofei, etc., spesso pubblicizzando il tutto sul loro periodico di riferimento.
Questa disamina “sociologica” non vuole essere di certo un’accusa, ma più semplicemente la constatazione di un costume che a mio avviso dovrebbe essere ridimensionato, in quanto se non si venisse riconosciuti per il proprio generoso agire, probabilmente verrebbe meno anche la motivazione della catena di solidarietà.