...Ma l'inflazione nuoce anche alla salute?
IL QUESITO
Fare previsioni
è un’arte molto difficile,
soprattutto
quando riguarda
il… futuro!!!
Nella foto: J. Kenneth Galbraith
Di: Luigi Giovannini
Dice un vecchio adagio che fare previsioni è un’arte molto difficile, soprattutto quando riguarda il… futuro(!). Se poi parliamo di previsioni economiche le citazioni spiritose sulla materia, anche di personaggi illustri, si sprecano: J. Kenneth Galbraith, uno dei più famosi economisti del secolo scorso diceva che la funzione delle previsioni economiche è quella di far apparire rispettabile l’astrologia; J. M. Keynes sosteneva che i mercati sono mossi non dalla ragione, ma da spiriti animaleschi; W. Churchill disse che la politica economica elabora le previsioni per gli anni a venire, trascorsi i quali spiega perché non è successo nulla di quanto previsto. E si potrebbe continuare ancora con questo approccio ‘’semiserio’’ alla scienza economica (peraltro definita ‘’triste’’), che ha, tra gli altri, l’improbo compito di studiare e prevedere l’andamento di una variabile tra le più incerte e imprevedibili: il comportamento umano.
Quanto sopra ha avuto concreta conferma nell’ultimo periodo con il problema dell’inflazione che sta mettendo in difficoltà larga parte del globo e che in origine, siamo nel 2021, era stato considerato da molte banche centrali (BCE in primis), istituzioni e analisti economici un fenomeno temporaneo, non strutturale e destinato a rientrare già a partire dall’anno successivo. Siamo oltre la metà del 2023 e gli ‘’addetti ai lavori’’ ammettono che le previsioni non erano corrette, poiché inquadrare in un modello previsionale gli impatti post-COVID 19, le conseguenze della guerra in Ucraina, gli effetti della crisi in campo energetico e le varie componenti strutturali era virtualmente impossibile. Appunto!!!
Se restringiamo il campo di analisi all’Italia la risultante che sta emergendo è una significativa riduzione dell’impatto dei costi energetici e delle restrizioni legate alla guerra in Ucraina, mentre continua ad essere pesante l’andamento dei costi del cosiddetto ‘’carrello della spesa’’, in particolare della componente alimentare.
A giugno 2023 a fronte di un aumento del 6,4% del tasso tendenziale di inflazione generale, il carrello della spesa segnava un +10,5%, con i beni alimentari non lavorati a + 9,4% e quelli lavorati a +11,5%, quasi il doppio dell’indice generale di incremento dei prezzi al consumo.
Analizzando le cause di questo andamento troviamo anche le spiegazioni, o se vogliamo le giustificazioni, alle errate previsioni delle banche centrali, che confidavano di poter sconfiggere l’inflazione in tempi relativamente brevi, mentre invece continuiamo a procedere nel ‘’pantano’’ inflattivo, fatto di aumento dei prezzi, rialzo dei tassi di interesse e conseguente crescita economica rallentata o nulla.
Questo poiché le cause del problema sono da ricercare nell’impatto sempre più pesante dei cambiamenti climatici, che provocano eventi meteorologici estremi come siccità e alluvioni, entrambi causa di gravi danni alle coltivazioni agricole con drastiche riduzioni delle produzioni alimentari e conseguente aumento dei prezzi al consumo.
Purtroppo le conseguenze di questa situazione vanno al di là degli aspetti macroeconomici e statistici e toccano in profondità il tessuto sociale, poiché l’aumento dei prezzi dei beni alimentari incide più pesantemente sui redditi medio-bassi, provocando l’allargamento della forbice della disuguaglianza tra ricchi e poveri e peggiorando significativamente la posizione delle classi meno abbienti, costrette ad una drastica riduzione dei consumi di frutta e verdura, con prezzi fuori dalle loro possibilità, sostituite con cibi a minor costo, ma anche di qualità e proprietà nutrizionali più scarse.
E qui sta il punto più delicato della questione, soprattutto se la valutiamo a livello mondiale e in una prospettiva di medio-lungo termine, considerando che l’impatto del cambiamento climatico non potrà ragionevolmente essere ridotto in tempi brevi.
Dunque larghi strati della popolazione del pianeta non potranno in prospettiva beneficiare di una corretta alimentazione, requisito basilare per garantire buone condizioni di salute, e si esporranno quindi con maggiore probabilità al rischio di ammalarsi.
La FAO nel suo report annuale sulla sicurezza alimentare e la nutrizione nel mondo, pubblicato nel 2020, sostiene che se si eliminasse l’eccesso di consumo di zuccheri e grassi, la spesa sanitaria nel mondo si ridurrebbe di oltre il 90%. Sempre secondo la FAO circa la metà della popolazione mondiale non può permettersi un’alimentazione sana ed equilibrata, con sufficiente disponibilità di frutta e verdura, il cui consumo, peraltro, è significativamente aumentato nel mondo occidentale per il diffondersi di nuovi stili di vita e comportamenti alimentari quali il vegetarismo, il veganismo, ecc.., che contribuiscono, con i fattori climatici sopra accennati, ad allargare ulteriormente la forbice tra domanda e offerta e per conseguenza a spingere verso l’alto i prezzi al consumo finale.
È importante quindi intervenire sui processi di formazione dei prezzi degli alimenti essenziali per la salute umana al fine garantirne una normale fruibilità a tutti, poiché’ diversamente l’impatto sulle spese sanitarie conseguenti, unito al ‘’carico’’ sanitario dovuto all’invecchiamento della popolazione (senectus ipsa morbus!), rischia di diventare insostenibile.
Messi in fila gli effetti e le cause del problema diventa importante quindi adottare le contromisure necessarie per trovare le soluzioni adeguate nel breve e nel medio-lungo termine.
Un primo obiettivo dovrebbe essere l’efficientazione della filiera dalla raccolta alla conservazione, al trasporto e alla distribuzione finale per individuare i punti critici che provocano sprechi di prodotto e quindi maggiori costi. Come è noto distruzioni e sprechi nel settore alimentare sono sicuramente un punto debole.
Un secondo aspetto che merita attenzione immediata riguarda i sistemi di irrigazione, che dovranno a loro volta assicurare una drastica riduzione degli sprechi e garantire interventi adeguati ad affrontare i sempre più frequenti periodi di siccità.
Un altro contributo al contenimento dei prezzi nel breve termine potrebbe essere la riduzione o eliminazione della tassazione sui beni alimentari indispensabili per la salute: il ritorno dell’investimento in termini di minore spesa sanitaria potrebbe essere ampiamente dimostrabile.
Nel medio-lungo termine dovremo però inevitabilmente affrontare il problema del cambiamento climatico e predisporre, da subito, gli interventi necessari a ridurre le emissioni e riportare il pianeta a condizioni di ‘’normalità meteorologica’’.
Le prime risultare di questo cammino iniziato da qualche anno dimostrano che la strada sarà lunga e difficile, ma è altrettanto certo che non esistono percorsi alternativi.
È quindi molto probabile che in futuro le previsioni economiche debbano fare i conti non tanto con l’astrologia, come diceva scherzosamente J.K. Galbraith, ma molto più seriamente con le previsioni meteorologiche: ne va di mezzo non solo il nostro portafoglio, ma, ahimè, la nostra salute.
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