"Isabella che un giorno cominciò a volare"
IL RACCONTO
...leggendo un racconto
di Primo Levi
con i ragazzi
del progetto "Up2Me"
parlando di vita,
crescita, dolore, amore.
Su ragazzi che spiccano il volo
e adulti che hanno
un altro ruolo.
...E voli che durano per sempre
A cura di: Ferdinando Garetto
Isabella da alcuni giorni non stava bene: un forte prurito sulla schiena, dove oltretutto sembravano spuntarle dei peli piuttosto ruvidi, oltre a una certa debolezza. La mamma si accorse che c’era qualcosa di diverso, e chiamò il giovane dottorino del paese.
“Era giovane e simpatico, e Isabella notò con stupore che all’inizio della visita appariva preoccupato e perplesso, poi sempre più attento e interessato, e alla fine sembrava contento come se avesse vinto alla lotteria...”. Disse che doveva approfondire sui suoi libri qualcosa, e tornò il giorno dopo con una grossa lente di ingrandimento.
Non erano peli, anzi, ma penne... era ancora più del giorno prima... “In gamba Isabella - disse - non c’è niente da spaventarsi: fra quattro mesi volerai”.
Isabella ne fu un po’ spaventata, ma in fondo l’idea l’affascinava: volare... che paura! Ma che bello! E poi, chissà... Non osava parlarne coi genitori, ma chi le avrebbe insegnato a volare? Le sarebbe piaciuto imparare da quel dottorino così simpatico... “o che magari le ali fossero spuntate anche a lui, non aveva detto che erano contagiose? Così dai clienti delle frazioni sarebbero andati insieme; e forse avrebbero anche superato le montagne e avrebbero volato insieme sul mare, fianco a fianco, battendo le ali con la stessa cadenza...”.
In poco tempo la notizia si sparse, arrivarono giornalisti e televisioni (Isabella imparò a rispondere con serietà alle domande che tanto erano piuttosto stupide e sempre le stesse), esperti e studiosi... Come al solito anche molti curiosi, ma i genitori di Isabella tennero ben chiuse le porte di casa.
Intanto le ali crescevano, e cominciavano a dare un po’ fastidio: Isabella dovette usare una camicetta più larga e di notte non sapeva tanto dove girarsi. Ma erano diventate belle, molto intonate con il colore dei suoi capelli biondi. Belle, con tante sfumature di colori, ma anche robuste. Era anche arrivata una super-esperta dalla Svezia, una fisioterapista che parlava male l’italiano e che costringeva Isabella a esercizi noiosissimi e dolorosi. E continuava a ripeterle: “non ora, non è ancora ora!”.
Ma di notte Isabella sognava... E sentiva che avrebbe sentito lei quale sarebbe stato il momento giusto. In qualche sogno già sentiva il vento sulla faccia e l’ebbrezza di staccarsi dal suolo... Sognava, ma sembrava vero, che le ali l’avrebbero portata e che sarebbe stato facile... “Quando riusciva a isolarsi aveva provato a battere le ali; ne sentiva il fruscio e nelle spalle minute di adolescente una forza che quasi la spaventava... Il richiamo della terra era ancora troppo forte...
”E così venne l’estate: la fisioterapista era andata in ferie per una settimana (lasciando un elenco molto completo di esercizi quotidiani e molte raccomandazioni).
L’occasione venne verso Ferragosto. Tutti erano indaffarati. Isabella prese un sentiero, poi un altro e si trovò sui prati ripidi dove non c’era nessuno... “Si fece il segno della croce come quando ci si butta in acqua, aprì le ali e prese la corsa verso il basso. A ogni passo, l’urto contro il suolo si fece più lieve, finchè la terra le mancò; sentì una gran pace e l’aria fischiarle nelle orecchie. Distese le gambe all’indietro: rimpianse di non aver messo i jeans perché la gonna le era d’impaccio... Chi l’aveva detto che volare era difficile? Non c’era niente di più facile al mondo: aveva voglia di ridere e cantare...”
Ad un tratto, mentre volava portata dalle sue ali senza neanche bisogno di pensarci provò una sensazione di tensione al basso ventre, si sentì umida e capì che era sangue “Ma sapeva di che cosa si trattava. Sapeva che prima o poi sarebbe successo: e non si spaventò”.
Isabella solo in quel momento guardò in basso: e vide che si era accalcata molta gente. Stupita, ammirata... Tutti la indicavano, con ammirazione. E anche con un po’ di invidia, per il suo coraggio che sfidava la comodità di rimanere bene con i piedi per terra.
Il racconto di Primo Levi si conclude dolcemente.
Anche al dottorino sono spuntate le ali, ma si è sposato con una sua coetanea. Isabella non ne ha pianto: sono spuntate anche a quattro suoi compagni di scuola, e tutti insieme volano felici dal mattino alla sera sopra i tetti e intorno al campanile, sognando orizzonti lontani sempre più facili da immaginare.
E gli adulti?
Dopo aver protetto Isabella e averla accompagnata, ora la guardano volare, e ne sono felici. Capendo presto che la loro parte ora è un’altra... “Al padre di Isabella le ali spuntarono quando aveva passato i cinquant’anni. Non ne trasse molto profitto: prese qualche lezione dalla figlia, con paura e vertigine, e si lussò una caviglia atterrando. Le ali non lo lasciavano dormire, riempivano il letto di penne e di piume... così se le fece amputare”.
(Da: Primo Levi: “La grande mutazione”, 21 agosto 1983)
Dedicato a quei ragazzi e quelle ragazze che hanno saputo “volare ancora più in alto” quando sembrava che un muro di dolore li facesse schiantare.
E volando continuano a farci guardare in alto, per sempre.