In ricordo del Professor Thomas E. STARZL
IL PIONIERE
È da poco trascorso
il 60° anniversario
del primo trapianto di fegato
in essere umano,
ad opera del prof. Thomas Starzl.
Di: Ernesto Bodini
È da poco trascorso il 60° anniversario del primo trapianto di fegato in essere umano, ad opera del suo pioniere prof. Thomas Starzl. Ricordare questo episodio e la sua figura credo che rappresenti il simbolo dell’avventura scientifica ed umana, dando sviluppo a quel progresso che avrebbe contribuito a salvare molte vite umane. Un percorso che immagino lungo e difficile il cui inizio per questo luminare risale al 1956-1958, periodo in cui intraprese la sperimentazione dei trapianti di fegato sugli animali; e fu solo dal 1959 che, vincitore di una borsa di studio Markle, si dedicò a tempo pieno al trapianto di fegato. Nonostante le difficoltà e gli insuccessi non si scoraggiò (grazie al suo genio scientifico e forza di carattere), tanto da mettere a punto la metodica del trapianto di fegato in laboratorio con l’obiettivo di applicarla all’essere umano.
Dal 1962 al 1963 eseguì numerosi trapianti renali scoprendo l’effetto antirigetto del cortisone associato alla nota Azatioprina e, il primo Marzo 1963, eseguì il primo trapianto di fegato in un paziente pediatrico che, purtroppo, non ebbe il risultato sperato…
Da questa esperienza comprese che doveva approfondire i complessi problemi connessi al trapianto di fegato, e si convinse che il progresso nei trapianti, dopo ulteriori e molteplici tentativi, si può compiere solo a piccoli passi. Infatti, i primi successi realizzati da Starzl sono datati 1967-1970, periodo in cui si aprì la strada ai trapianti di fegato in Inghilterra e in Germania e, successivamente, con l’introduzione della Ciclosporina, il trapianto di fegato divenne un intervento di routine. Per quanto riguarda lo xenotrapianto (da animale ad altro animale di specie diverse o all’uomo) il 28 giugno 1992 a Pittusburgh l’équipe del prof. Starzl (con la partecipazione del prof. Luigi Rainiero Fassati – 1936) effettuò il primo trapianto di fegato di babbuino in umano, ma purtroppo il paziente sopravvisse solo due mesi per cause diverse: in parte si pensò alla carenza della produzione di albumina da parte del fegato di babbuino, mentre c’era chi sosteneva che c’era stato un eccesso di somministrazione della terapia antirigetto che aveva provocato infezioni mortali.
Uno scienziato e grande maestro per i suoi discepoli
Ho conosciuto il prof. Thomas E. Starzl il 27 maggio 1997 a Milano in occasione dell’assegnazione del Premio internazionale “Chirone” (ispirato alla Chimera, l’essere mitologico formato da più animali), un riconoscimento per la Ricerca e la Formazione Biomedica, conferito dall’Accedemia Nazionale di Medicina ogni anno a uomini di scienza che abbiano non solo conseguito risultati di particolare rilievo, ma anche saputo diffondere nuove conoscenze in campo medico attraverso collaborazioni a livello internazionale. Ricordare il prof. Starzl, oltre al motivo di tale riconoscimento, è dovuto al fatto di aver avuto la possibilità di una breve intervista, ma soprattutto perché ritengo doveroso ricordare che dal 1995 l’Istituto per i Trapianti di Pittsburgh, in Pennsylvania (USA), porta il suo nome, in quanto pioniere dei trapianti di fegato e uno dei primi a tentare, nel 1992, uno xenotrapianto (dal greco xenos: straniero, estraneo) da babbuino a uomo, un musicista di 35 anni, affetto da una cirrosi non guaribile neppure col trapianto da uomo a uomo.
Il ricevente è poi deceduto due mesi e mezzo dopo, per cause probabilmente non direttamente collegabili all’operazione. Nel corso dell’intervista, gli domandai quanto tempo sarebbe passato prima che lo xenotrapianto potesse entrare nella pratica chirurgica, e lui rispose: «Non è possibile poterlo stabilire, soprattutto perché, nonostante i progressi sinora raggiunti, il problema del rigetto è ancora da risolvere. La scienza può giungere improvvisamente a nuove scoperte e cambiare tutto». E alla domanda, qual è il futuro dello xenotrapianto, mi rispose: «È qualcosa che sta dietro l’angolo, ma che rischia di star sempre dietro l’angolo».
Thomas E. Starzl, nacque a Le Mars (Iowa) l’11 marzo 1926, si iscrisse alla Northwestern University School dove si laureò nel 1952. Le tappe principali della sua carriera chirurgica nel campo dei trapianti d’organo si svolsero all’Università del Colorado (Denver) e all’Università di Pittsburgh. A lui si deve, tra l’altro, la messa a punto di nuove tecniche nel trapianto di fegato, del prelievo multiorgano dal donatore cadavere e di alcune delle più importanti combinazioni terapeutiche per combattere il rigetto, come la Ciclosporina e l’FK 506 grazie alla quali sono notevolmente migliorati i risultati dei trapianti di fegato. Ha compiuto studi avanzati sulla possibilità di indurre una tolleranza del ricevente verso l’organo trapiantato; eseguito due trapianti di fegato tra babbuino e uomo. Molti dei chirurghi che si occupano di trapianto di fegato nel mondo sono stati suoi allievi per un periodo più o meno lungo. Conservo ancora la sua autobiografia “Ai limiti del possibile. Memorie di un chirurgo dei trapianti” (Ed. Longanesi & C., 1992. Traduzione di Luigi Rainiero Fassati, ed è una straordinaria fonte di conoscenza sui temi più scottanti della chirurgia, sui problemi etici, politici ed economici che un campo così vasto come quello della trapiantologia propone. In quarta di copertina, scrive: «Sentivo che la mia esperienza avrebbe potuto aiutare coloro che hanno paura di andare avanti quando si accorgono che i loro sforzi non portano ad alcun risultato. Oppure, se non fossi riuscito in questo intento, avrei potuto comunque far capire come nasce il progresso in campo medico, cosa succede nel mezzo della notte nei reparti sperimentali e nelle camerate degli ospedali, quali sono i rapporti tra i medici, gli scienziati e i pazienti; e come inevitabilmente i veri eroi sono sempre i malati».
Insomma, davvero una vita simbolo dell’avventura scientifica ed umana.
Il prof. Starzl è morto a Pittsburgh il 4 Marzo 2017.