Cartoline dal Passato - Cesare Zavattini, chi era costui?
LA CARTOLINA
Di: Augusto Frasca
L'ingrato anonimato
degli sceneggiatori,
a 120 anni dalla nascita
va ricordato
un grande personaggio.
Molti anni fa, una giuria internazionale costituita da centodiciassette storici e critici di quella che fin dall’inizio degli anni ‘20 fu definita la ‘settima arte’, mise a confronto il cinema di tutti i tempi. Ne uscì fuori una graduatoria che assegnò il primo posto alla Corazzata Potëmkin di Sergej Ejzenštejn, il secondo alla Febbre dell’oro di Charlie Chaplin, entrambi prodotti nel 1925, e il terzo a Ladri di biciclette, diretto da Vittorio De Sica nel 1948.
A dimostrazione di come tali graduatorie siano spesso esposte a forti variabilità e, talora, a veri e propri ribaltamenti di giudizio, un successivo confronto, con altra giuria, eliminò drasticamente dai primi posti la meravigliosa opera di De Sica, anteponendole altre due firmate dal regista italiano, Sciuscià e Umberto D. Ognuna delle tre pellicole citate reca il nome, quale sceneggiatore, di Cesare Zavattini.
È fin troppo noto di come tale ruolo, spesso decisivo nel successo di un lungometraggio, venga sistematicamente soffocato, per distrazione, per ignoranza o per diretta intenzione, dal nome del regista. Come accadrà qualche anno dopo, vistosamente, nel complicato rapporto tra Federico Fellini ed Ennio Flaiano, anche Zavattini non sfuggì a questa regola, avendone ennesima conferma nel 1951.
Coincise, quell’anno, con l’uscita di un altro capolavoro, a metà strada tra favola e realtà, Miracolo a Milano, un film che reca, nella sua interezza, il linguaggio dello scrittore, del poeta, del pittore nato nell’emiliana Luzzara centoventi anni fa. Tratta da un soggetto, dal titolo Totò il buono, firmato a quattro mani nel 1940 dallo stesso Zavattini in compagnia di Antonio De Curtis, rimasto per dieci anni in un cassetto in attesa di una trasposizione cinematografica, la pellicola fu infine realizzata, premiata al Festival di Cannes, dall’abbinata De Sica-Zavattini.
Soggetto bellissimo, l’umana sensibilità di uno sguardo fatto poesia, una filosofia di fondo riassumibile nel messaggio conclusivo del film, ‘la ricerca di un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno’, un messaggio che all’accostarsi del Natale vale, per gli uomini di buona volontà, più di un auspicio, e che come tale vogliamo raccomandarlo, rinviandone la visione in quel prezioso, immenso serbatoio costituito da Youtube.
E restituendo a Cesare quel che è di Cesare…