2019 Torino - Intervista al prof. Mario Morino, illustre Cattedratico Torinese
LA TECNICA
prof. Mario Morino,
Direttore della
Chirurgia 1 Universitaria
all’Ospedale Molinette
della Città della Salute di Torino,
uno dei massimi esponenti
della Chirurgia Laparoscopica
Di: Ernesto Bodini
La storia della laparoscopia a scopo di indagine diagnostica si ritiene risalga ai tempi di Ippocrate (460-375 a.C.), inventore del primo speculum rettale. Strumento utilizzato per vedere all’interno di cavità come la vagina e l’ano, come pure lo speculum vaginale, costruito nello stesso periodo. In tempi più recenti tale metodo di indagine, definito endoscopia, ha inzio con Filippo Bozzini (Magonza – 1773-1809) che nel 1807 presentò il primo strumento (denominato “lichtleiter”) creato per permettere una visone interna della vescica, rifiutato però dall’ambiente Accademico perché considerato poco utile e dispendioso.
Dopo altri analoghi tentativi di diversi medici, nel 1853 il francese Antonin Jean Desormeaux (1815-1894) inventò un nuovo tipo di apparecchio: si trattava di una specie del moderno cistoscopio, uno strumento costituito da una fonte luminosa introdotta inizialmente nella vescica e poi nel retto, e da un tubo introdotto nella vescica tramite cui, con l’illuminazione che arrivava dal retto, si vedeva la mucosa della vescica stessa. Nasceva così l’endoscopia, ma dal punto di vista terapeutico come si è evoluta la tecnologia sino ad arrivare alla cosiddetta chirurgia laparoscopica?
A questo riguardo il prof. Mario Morino, illustre cattedratico torinese e uno dei massimi esponenti in questa disciplina, formatosi all’estero soprattutto in Francia (sotto la guida del prof. Jacques Perissat su suggerimento del prof. Henri Bismuth), mi ha rilasciato questa intervista.
Prof. Morino, quali sono le origini della chirurgia laparoscopica e a quale epoca ci si riferisce?
“Bisogna anzitutto precisare che la laparoscopia per anni è stata un metodo diagnostico sino agli inizi del ‘900 in quel di Stoccolma ad opera dello svedese Hans Christian Jacobaeus (1879-1937), che iniziò a fare toracoscopie e laparoscopie nell’uomo con strumenti rudimentali, migliorando gli stessi sempre come procedura diagnostica e ciò avvenne sino agli anni ’70. Circa un decennio dopo tale metodica è divenuta più “operativa”, non più solo dal punto di vista diagnostico, ma anche da quello terapeutico tanto da essere definita chirurgia laparoscopica”
E quale è stato il suo sviluppo?
“Soprattutto in Ginecologia in due centri: in Francia, e in Germania con il prof. Kurt K.S. Semm (1927), e questo perché l’apparato ginecologico è molto “favorevole” per le limitate complessità di intervento, ma tale metodica all’inizio fu piuttosto osteggiata dai chirurghi generali. Nel contempo, però, i tedeschi riuscirono a sviluppare alcuni strumenti “più sofisticati” come gli insufflatori”
E da queste invenzioni come si è poi evoluta?
“Il prof. Semm (con il fratello ingegnere) mise a punto l’insufflatore automatico ed eseguì numerosi interventi sulla pelvi in laparoscopia, oltre ad una appendicectomia che fu però giudicata troppo pericolosa dall’Accademia tedesca di Medicina, che lo radiò”
CONTINUA...