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La persona e l’ambiente: tra contaminazione ambientale e inquinamento psichico

Giardini 1
 
 
LA DOMANDA
 
 
Potrebbe essere
interessante chiedersi
cosa possa succedere
se il giardino
che abbiamo sempre coltivato,
che abbiamo annaffiato con cura
e sul quale abbiamo lavorato,
che raccoglie ricordi e memorie,
improvvisamente diventasse
un luogo poco sicuro.
 
 
Di: G. Francioso, G. Pitti, C. Grimaldi, M. Gonella
 
“So anche,” disse Candido, “che dobbiamo coltivare il nostro orto.” “Avete ragione,” disse Pangloss, “quando l'uomo fu posto nel giardino dell'Eden, ci fu posto ut operaretur eum, perché lo lavorasse; il che dimostra che l'uomo non è nato per il riposo”. “Lavoriamo senza ragionare”, disse Martino, “è l'unico modo per rendere sopportabile la vita.”
Introduzione
Voltaire chiude l’opera di Candido sostenendo che “dobbiamo coltivare il nostro giardino”. A questo proposito, potrebbe essere interessante chiedersi cosa possa succedere se ilVoltaire giardino che abbiamo sempre coltivato, che abbiamo annaffiato con cura e sul quale abbiamo lavorato, che raccoglie ricordi e memorie, improvvisamente diventasse un luogo poco sicuro, in cui l’equilibrio vacilla e la quotidianità viene compromessa? Se l’erba tutt’un tratto seccasse, se la terra ingrigisse, se piovesse polvere.
 
Quest’immagine potrebbe prestarsi nell’evocare con nitidezza alcune delle sensazioni che accompagnano la vita in un Sito Contaminato.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) definisce “Sito Contaminato” tutte quelle aree di territorio in cui si evidenzia un’alterazione di suolo, sottosuolo o acque sotterranee, tale da costituire un pericolo per la salute (ISPRA, 2024). In ambito europeo è stata stimata la presenza di circa 342.000 siti contaminati, e solo il 15% di questi è sottoposto a interventi di risanamento ambientale.
 
In Italia, i Siti di Interesse Nazionale (SIN) sono 42. Alcuni tra questi sono la città di Casale Monferrato, Taranto, Biancavilla, Venezia (Porto Marghera). A livello Nazionale, la cartina che disegna i SIN evidenzia come questi siano presenti sull’intero territorio italiano, evidenziando la necessità di prestare attenzione alla salute fisica e psichica degli abitanti di queste città, in cui il confine tra zona sicura e pericolo è estremamente sottile. 
 
Interesse NazionaleViviamo circondati dall’ambiente, lo respiriamo, ne dipendiamo e al tempo stesso lo conserviamo dentro di noi, nei nostri sogni, conflitti, angosce, paure (Schinaia, 2021). Enrique Pichon-Rivière (1971) ha parlato di vinculo, proprio per sottolineare come la realtà esterna e quella interna non siano tanto elementi contrapposti, quanto entità intrecciate in una trama dialettica fitta di cambiamenti e discontinuità, mutamenti costanti di ciò che ci circonda (Schinaia, 2019, 2021). Tuttavia, ‘L’intimità affettiva’ (Schinaia, 2019) con l’ambiente circostante viene compromessa quando si individua nel proprio luogo di appartenenza la fonte di pericolo per la propria salute. Come sostiene Schinaia, e Searles prima di lui, non viviamo isolati in un ambiente asettico, ma l’ambiente “non umano” si intreccia alle nostre esperienze, impregna e colora i ricordi, ha odori, sapori e suoni, che si integrano e arricchiscono la narrazione delle memorie. Il luogo in cui nasciamo, viviamo, oppure cresciamo, impatta sulla percezione della nostra identità in quanto persone, questo perché l’ambiente lo teniamo a mente: le “cose” del mondo hanno una “risonanza psichica”, rappresentando sia una fonte di sicurezza, sia un ricettacolo di ansie e paure.
 
Quando l’ambiente si ammala a causa della presenza di agenti patogeni che contaminano l’aria, le acque o il suolo, le angosce rispetto alla propria salute e quellaCasale dei propri cari scardinano le certezze rispetto al luogo in cui si ha sempre vissuto. La quotidianità degli abitanti si copre d'un velo sottile come polvere, che opprime progressivamente e ammala. I costi psichici per sopravvivere ad una situazione tanto destabilizzante prendono la forma di ansia, somatizzazioni, sintomi depressivi e condizioni post traumatiche (Guglielmucci et al., 2014; Granieri, 2008, 2013; Granieri et al., 2013). In questo senso, il prezzo da pagare a fronte della minaccia alla propria identità psichica aumenta ulteriormente a fronte di un killer invisibile, che mina alla propria salute e a quella dei propri familiari (Guglielmucci et al., 2015; Di Cesare et al., 2016).

Questo si evidenzia con intensità ancora maggiore quando il proprio ambiente non è solo quello in cui si dimora, ma anche quello in cui si lavora, rappresentando una fonte di sostentamento economico per sé e per la propria famiglia. In questo contesto, i cittadini stipulano un tacito compromesso secondo cui ‘per vivere, si accetta il rischio di morire’(Di Cesare et al., 2016; Guglielmucci, 2016): se si pensa all’Eternit di Casale Monferrato oppure all’ILVA di Taranto, è particolarmente tangibile l’ossimoro tra la percezione della fabbrica come una “madre buona che nutre i suoi figli di un cibo accattivante” (Guglielmucci, 2016), che al contempo muta il suo volto diventando fonte di ansie e angosce connesse alla possibilità di ammalarsi o di assistere alla morte dei propri cari.

In simili contesti, ci si trova a dover far fronte al dilemma del dover scegliere per il proprio lavoro, per il diritto al benessere economico o il diritto alla salute, alla bellezza e alla salubrità del luogo in cui si vive.
Vivere vicino ad industrie e fabbriche può favorire, infatti, un incremento del benessere economico nei singoli individui e in tutta la comunità. Tuttavia, questo avvicina la possibilità che si verifichino complicazioni da un punto di vista ambientale, le quali rappresentano un enorme rischio per la compromissione della salute fisica, mentale e per il deterioramento dei propri legami affettivi (Bush, Moffatt e Dunn, 2001).
 
Ai poli opposti, unite da un filo invisibile: le città di Casale Monferrato e Taranto

Taranto
Casale Monferrato, cittadina collocata nel Piemonte Orientale, si contraddistinse per la presenza di marne argillose nelle vicinanze, che la resero di fondamentale utilità nell’industria cementifera Italiana (Guglielmucci, 2016). L’attività produttiva di manufatti in cemento-amianto nello stabilimento Eternit a Casale ebbe inizio nel 1907, fallendo nel 1988 in seguito all’emersione dei pericoli di salute a cui i lavoratori erano costantemente esposti. A Casale Monferrato, l’Eternit ha contribuito al sostegno dell’economia della città, fino a diventarne quasi un simbolo per l’epoca. Le numerose morti connesse all’amianto rendono così il mondo dei vivi strettamente legato a quello dei morti (Guglielmucci, 2016): le vicende connesse all’Eternit sia da un punto di vista ambientale che giudiziario hanno funzionato da cassa di risonanza per la presenza e la circolazione di emozioni quali paura, rabbia, angoscia di morte, senso di impotenza e smarrimento, in un ambiente da sempre riconosciuto come casa. I molteplici lutti per le morti connesse al Mesotelioma Maligno e il progressivo ammalarsi di diversi Cittadini casalesi sono la manifestazione tangibile della pervasività dell’amianto, e l’esperienza di sofferenza ha trovato, nella comunità, una via per squarciare quel “velo di invisibilità” (Mazzeo, 2017) attraverso le azioni rivendicative, con l’obiettivo di ottenere un risarcimento per il danno subito.
Considerando la contaminazione ambientale da amianto, lo sviluppo di patologie asbesto correlate ha un impatto di 255.000 morti all’anno dovute all’esposizione alla sostanza, di cui 233.000 dovute a un’esposizione di tipo occupazionale. (Furuya et al., 2018; Franzoi et al., 2024). Nel 1987, l’IARC ha classificato tutte le tipologie di asbesto come cancerogene per l’essere umano (Järvholm et al., 2024). Inoltre, più della metà delle morti dovute all’esposizione ad amianto è connessa a patologie oncologiche, tra cui il Mesotelioma Maligno (Ulla-Mari, 2023; Wilk et al., 2021; Franzoi et al., 2024), le cui cause di decesso risultano attribuibili per il 91% a un’esposizione lavorativa (Järvholm et al., 2024).
 

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