Historia se repetit - La peste "nera"
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Anche questa situazione è terribilmente attuale: pensiamo alla necessità di costruire nuovi ospedali o luoghi di ricezione e di cura durante l’epidemia: è accaduto a Wuhan, a Milano, a Madrid e non ultimo a Torino con l’adattamento delle OGR.
Le cautele verso gli ammalati o presunti tali erano molto simili a quelle odierne, solo meno tecnologiche.
I cittadini devono denunziare “febre o altra malattia”. I non torinesi venivano respinti alle porte “da armati” tranne i portatori di vettovagliamenti dalle campagne. “I medici e li cirogici o barbieri dovranno vestirsi in seta o drappo senza pelo; si lavano le mani prima e dopo la visita con aceto rosato” (siamo 220 anni prima di Semmelweis!!). Prima di entrare in casa si informeranno “dei segni e cause dell’infirmità”. Se ci sarà “segno manifesto di contagio possino ritirarsi senza entrare et farne la relatione”.
Anche oggi è consigliato il triage telefonico per evitare l’esposizione diretta dell’operatore sanitario. E alcuni Colleghi sono stati molto ligi ad attenersi a queste indicazioni.
Entrando nella stanza porteranno una bolla odorifica davanti a naso e bocca. Non toccheranno “alcun di cose” e non si fregheranno alle muraglie, meno al letto, ai panni e alla camicia dell’amalato (sic) resteranno in piedi e “toccheranno il polso solamente”.
I medici dovevano poi trasmettere “particolareggiata relazione” ai Conservatori di sanità (l’istituzione di Sanità pubblica che comprende anche Fiochetto). Se omessa la pena per il sanitario era di 25 scudi. Anche allora a visite brevi faceva seguito un lungo carico burocratico.
Riconosciuti e denunciati i contagiati, i Conservatori di sanità sceglievano se isolare i contagiati in casa “barreggiando le porte” o se provvedere all’immediato internamento nel lazzaretto.
Chi sfuggiva alla quarantena era condannato a morte come pure i funzionari corrotti che permettevano l’uscita dai luoghi di confinamento. Le guardie “archibugiavano incontanente coloro che ardissero uscirne”.
Questo passo ricorda sinistramente il coprifuoco militare di Wuhan.
Onde evitare il pericoloso agglomerato dei cittadini superstiti si vietavano “le celebrazioni in chiesa, di porre merci all’asta o alla vendita, di radunare capannelli, a tutti di passeggiare per quadriglie”.
Ma stiamo parlando del 1630 o del 2020?
Gli oggetti dei Malati e gli effetti personali venivano lavati in acqua calda e in acqua fredda e profumati, “gli indimenti lavati ed esposti al sole”. Le stanze venivano risanate con “calcina quale ottimo e sicuro rimedio”. I pagliericci e i vestiti delle vittime erano bruciati.
L’acme della pestilenza si attenuò nell’inverno del 1630 quando la vita riprese lentamente. La povertà era ovunque e il duca, rientrato a Torino, elargiva somme di denaro ai tantissimi indigenti perché non morissero di fame.
Ogni epidemia come è evidente lascia uno strascico di povertà impressionante e lo Stato deve provvedere a sostenere i cittadini. Ieri con erogazioni dirette di denaro, oggi con erogazioni e manovre economiche. È l’unica soluzione ad una catastrofe epocale e superiore alle forze umane.
Si arrivò a fine 1631 quando si cercò di riportare tutto alla normalità.
L’occasione fu la firma della pace di Ratisbona e del trattato di Cherasco, sì perché il piccolo Stato sabaudo oltre all’epidemia doveva far fronte alla guerra del Monferrato e di Mantova. Il trattato fu una vittoria di Pirro per il Piemonte: acquisì Alba e Trino ma non Casale e perdette Pinerolo a favore dei Francesi. Si pensò comunque di organizzare una grande festa per la presunta vittoria e per la fine della pestilenza.
Il Fiochetto espresse i suoi dubbi per il timore di un contagio di ritorno ma non fu ascoltato: il popolo era stanco di quarantene e di privazioni. Voleva uscire dall’emergenza e le autorità civili erano pronte ad accondiscenderlo per evitare disordini.
Il 2 febbraio 1632 si tenne il Te Deum, e poi una grande festa di popolo con fiera, spettacoli in piazza e al termine “fusette” (fuochi d’artificio). Per fortuna i timori di Fiochetto non si avverarono e la vita riprese. Una soluzione alla Trump che però diede i suoi risultati.
Fiochetto sopravviverà 10 anni alla peste e morirà nel 1642 alla bella età, per quei tempi, di 78 anni.
La mia storia si conclude qui.
Il Piemonte dopo quella terribile esperienza non sarà più colpito da pestilenze se non a piccoli focolai. La peste scomparirà dall’Europa a fine del 1600. Arriverà poi il vaiolo nel 1700, il colera nel 1800, la Spagnola nel 1918 e ora il COVID.