Dieta e cancro: un rapporto complesso
LO STUDIO
La prevenzione primaria
è riconosciuta
come fondamentale
per ridurre l’incidenza
dei tumori e
come correzione
degli stili di vita.
Di: Alessandro Comandone
Oncologia ASL Città di Torino e Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta
Tiziana Comandone
Scuola di Specialità in Farmacia Ospedaliera Università di Torino
La prevenzione primaria è riconosciuta come fondamentale per ridurre l’incidenza dei tumori. La prevenzione primaria è altresì conosciuta come correzione degli stili di vita riducendo o eliminando l’esposizione lavorativa o voluttuaria a cancerogeni, con miglioramento delle tecnologie lavorative, eliminazione di sostanze chimiche cancerogene, eliminazione dell’abitudine al fumo, prevenzione di infezioni virali precancerogene, iperesposizione al sole, correzione degli errori dietetici e raggiungimento di un peso corporeo ottimale.
Doll e Peto nel loro secondo studio fondamentale sulle cause del cancro evidenziavano già nel 1981 che circa il 30% dei tumori fossero determinati da una dieta non corretta.
Peraltro il termine dieta include una esposizione complessa perché costituita da componenti diversi che variano da soggetto a soggetto e da nazione a nazione.
Vanno poi considerate la concentrazione dei cancerogeni e il tempo di esposizione ale sostanze pericolose.
A tal riguardo ricordiamo l’esempio ormai storico dei giapponesi migrati in USA che solo alla terza generazione con il cambio della dieta manifestarono una incidenza di tumori al colon pari alle popolazioni di origine europea da più tempo esposta ai cancerogeni della dieta occidentale.
Esiste poi una complessità scientifica nel dimostrare la cancerogenicità di alcuni alimenti che va provata con indagini in vitro, verificando l’azione mutagena di alcune sostanze sui processi biologici e biochimici contenuti nella dieta.
Fanno poi seguito i modelli animali, anche se il loro significato è relativo in considerazione della alta concentrazione delle sostanze cancerogene in una dieta sperimentale univoca utilizzata negli stabulari.
Prendono poi il via gli studi sulla popolazione umana dapprima ristretti a gruppi etnici specifici che per motivi religiosi o comportamentali assumono o meglio non assumono determinati alimenti (ad esempio alcolici).
Infine si pianificano e si sviluppano studi caso controllo sulla popolazione generale, che coinvolgono grossi numeri di soggetti, per definire su tempi di follow up molto lunghi la cancerogenicità di alcuni alimenti.
In questi lavori di popolazione va sempre tenuta in conto l’interferenza con alti fattori predisponenti la malattia cancro: fattori genetici, esposizione a cancerogeni ambientali differenti, fattori ormonali, differenze di genere. Si evidenzia dunque come un certo rapporto tra causa ed effetto nel fenomeno cancro richieda molti dati, studi estremamente complessi e lunghi, senza i quali ogni supposizione causale va considerata nulla più che un’ipotesi o peggio una fake news.
Vediamo ora in dettaglio quanto si è acquisito nel corso degli ultimi decenni come conoscenze nel rapporto dieta e cancro.
1. Riduzione calorica della dieta.
Dai primi decenni del XX secolo si evidenziò come una restrizione calorica nei topi da esperimento affetti da carcinoma mammario si determinasse un rallentamento della crescita neoplastica.
Questo rapporto è meno dimostrato nell’uomo, anche se alcune filosofie igienistiche propugnano il digiuno come terapia attiva antitumore. L’unica verità scientifica poggia su studi di popolazione che sembrano dimostrare una maggiore incidenza di tumori mammari in donne con maggiore BMI.
Altre due forme di tumore certamente correlate con l’aumento del peso corporeo sono il carcinoma dell’endometrio e l’adenocarcinoma della colecisti.
In tutte e tre le forme di tumore sembra esservi una correlazione con l’iperestrogenismo determinato dalle aromatasi molto espresse nel tessuto adiposo. Nel carcinoma della colecisti subentra poi anche una differenza di microbiota all’interno della bile concretamente dimostrata nella bile.
2. Dieta ricca di grassi animali.
Sono soprattutto i grassi saturi o monoinsaturi di origine animale presenti nelle carni e nel latte o derivati che aumentano il rischio di tumore alla mammella, al colon, alla prostata, e all’endometrio.
I grassi (oli) di origine vegetale sembrano invece se assunti a dosi minime rivestire una funzione protettiva.
La cosiddetta dieta mediterranea che utilizza olio di oliva sembra avere un effetto preventivo, con minore incidenza di tumori mammari e al colon.
Per contro non si registra una aumentata incidenza di tumori nella popolazione Inhuit canadese e della Groenlandia la cui unica fonte di grasso è animale (balena, orso bianco e foca). Tale squilibrio sembra però compensato dalla elevata quantità di pesce consumato con assunzione di grasso omega 3.
La patogenesi del carcinoma del colon sembra essere invece diversa da quella dei tumori ormono sensibili (mammella, endometrio e prostata).
Nei tumori del grosso intestino invece una dieta prevalentemente carnea e contenente grassi animali determina una modificazione profonda della flora intestinale rispetto a quella presente nel tratto gastroenterico di soggetti che prediligono una dieta a base di scorie vegetali. Anche la composizione degli acidi biliari è differente a seconda della dieta e i due eventi possono spiegare la diversità di incidenza.