2019 - Libro: Il cancro ha già perso
Di: Ernesto Bodini
Notevoli esperienze e risultati clinici al Centro senese dove lavorano cinquanta ricercatori provenienti da tutta Italia e anche dall’estero, ma servono ulteriori fondi per far fronte ad un crescente numero di pazienti candidati all’immunoterapia.
Se lodevole è l’impegno di chi si dedica alla lotta contro il cancro, in primis i ricercatori e i clinici, altrettanto lo è di chi si propone per la divulgazione del loro lavoro tra notevoli difficoltà sia dal punto di vista dell’impegno “senza sosta” che da quello finanziario. È di recente pubblicazione “Il cancro ha già perso – La rivoluzione da Nobel dell’immunoterapia dei tumori” (Edizioni Piemme, pagg. 106, €. 16,00) di Michele Maio e Giovanni Minoli, rispettivamente insigne immunologo-ematologo e direttore del Centro di Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, e giornalista e conduttore televisivo.
Un contributo letterario-divulgativo più che puntuale, considerando il riconoscimento del Premio nobel per la Medicina (2018) a due scienziati, lo statunitense James P. Allison e il giapponese Tasuku Honjo, per le loro scoperte nel campo dell’immunoterapia contro il cancro. L’incontro tra i due autori del libro, che ha una valenza di non poco ottimismo per la lotta contro le varie forme di tumore, si basa su una estesa intervista del giornalista radio-televisivo, dalla quale emerge la chiara definizione dell’immunoterapia oncologica, come funziona, per quali tumori ha dato risultati già consolidati, quali sono le prospettive future e la sostenibilità economica delle cure. È bene ricordare che il nostro sistema immunitario è progettato per combattere attacchi esterni quanto “rivoluzioni” interne; i tumori, però, a volte non solo riescono ad eludere il sistema immunitario ma anche ad evitare che questo scateni attacchi contro se stessi, e qualche volta trovando così un alleato stesso nel sistema immunitario. A riguardo il clinico precisa che «l’immunoterapia, utilizzando dei veri e propri farmaci, attiva o potenzia le nostre difese immunitarie, facendo sì che esse possano distruggere le cellule tumorali che sono identificate come estranee in quanto hanno acquisito caratteristiche che le differenziano dalle cellule normali». Per il lettore “profano”, che si domanda perché l’immunoterapia riesce dove la chemioterapia e la radioterapia non ce la fanno, il prof. Maio spiega che con queste due “tradizionali e consolidate” terapie si agisce direttamente sulle cellule tumorali in quanto bersaglio immediato del trattamento, ma che nel corso della terapia possono in seguito diventare resistenti al trattamento stesso, tanto da dover cambiare la strategia terapeutica; mentre con i farmaci immunoterapici si agisce soprattutto sul sistema immunitario innescando un meccanismo attivo di controllo della malattia..., sia pur considerando che si possono manifestare degli effetti collaterali che determinano alterazioni funzionali anche negli organi sani.
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