La "riabilitazione" in oncologia e nelle cure palliative
IL SUPPORTO
Il ruolo effettivo
della riabilitazione
nell’ambito oncologico
e nella palliazione
è argomento dibattuto
e meritevole
di serio approfondimento.
Di: Davide Deangelis
Innanzitutto per sgombrare il campo da penosi fraintendimenti dei pazienti che vedono nella ”imposizione” delle mani del fisioterapista, quando non del chiropratico o dell’osteopata, un sicuro preludio alla guarigione ed al recupero di funzioni ormai irrimediabilmente compromesse. In secondo luogo per la confusione fra gli operatori della salute circa l’individuazione della figura idonea e l’appropriata decisione di un suo intervento nel programma terapeutico in corso. Infine, la difficoltà di coordinare esigenze cliniche ed aziendali riguardanti la gestione di degenze sufficientemente lunghe per consentire il percorso riabilitativo, perché i trattamenti riabilitativi, per essere efficaci, necessitano inevitabilmente di due fattori: disponibilità e continuità di tempo per valutare, confrontare ed eventualmente correggere i risultati riabilitativi del paziente e, soprattutto, un suo serio impegno affinché essi si possano realizzare. Nell’ambito della medicina fisica e riabilitativa, infatti, l’effetto placebo gioca un ruolo determinante e statisticamente più significativo che in altre specialità mediche, dove l’aderenza terapeutica è meglio controllata o più efficace perché affidata a fattori estrinseci, quali le terapie farmacologiche. In riabilitazione la necessità di un’ottima compliance da parte del paziente è fondamentale, così come abilità di coaching e tecniche motivazionali devono essere sicuro repertorio del terapeuta, dal momento che la riuscita del recupero funzionale è secondariamente dipendente dall’operatore. Normalmente, un ottimo fisioterapista con un paziente demotivato riesce a effettuare un discreto lavoro, mentre un mediocre fisioterapista con paziente molto impegnato consegue un ottimo risultato. Ovviamente in linea teorica, senza considerare la situazione clinica, le patologie di base o la variabilità individuale.
Se dunque l’obiettivo di un tecnico della riabilitazione è rendere nuovamente abile, capace un paziente, consentendogli un recupero quanto piùcompleto ed equiparabile alla situazione precedente lo stato di malattia, si possono comprendere le obiezioni e le perplessità che la medicina oncologica nutriva in passato circa il coinvolgimento di detto specialista e l’estensione di tali interventi ai pazienti affetti da neoplasie, quando le aspettative di vita erano molto più contenute rispetto alle attuali. Oggi però, utilizzando un termine, inelegante a dir vero, mutuato dall’inglese, si parla dei malati oncologici come di “lunghi sopravviventi” (long survivors) e pertanto postulanti bisogni, attenzioni, richieste, pretese, diritti alla stregua di chiunque altro, ovviamente commisurati e compatibili alle situazioni cliniche, che si presume siano sufficientemente stabili.
A dispetto dell’aumento del consenso sull’importanza della riabilitazione per queste persone, nella pratica, essa trova scarsa applicazione per calcificati motivi e nuove difficoltà. Eppure numerosi studi dimostrano quanto essa sia utile nel mantenimento di una buona qualità di vita, consentendo la conservazione di abilità necessarie alle attività quotidiane, l’incremento delle autonomie e soprattutto la prevenzione di morbilità, aggravamento di deficit funzionali ed il rinforzo dell’autostima.
La terapia riabilitativa dunque riveste una consolidata e comprovata importanza sia in fase preventiva, cioè prima di un intervento chirurgico demolitivo, acquisendo meccanismi motori di compenso antalgico e facilitazioni neuromuscolari da utilizzare nel decorso post-operatorio, che in fase di supporto quando le condizioni cliniche assumono la connotazione della terminalità, contribuendo nella gestione delle sindromi da allettamento o nel contenimento dei disturbi respiratori. La precocità dell’intervento riabilitativo determina il suo successo: quanto prima vengono messe in atto le pratiche fisiche e le tecniche fisioterapiche, tanto più saranno efficaci. Questo corollario risulta particolarmente ineccepibile se applicato alla gestione ed al controllo del dolore.