

La "lettera d'intenti "del dott.Comandone
Anno nuovo vita nuova, si dice da sempre.
L’impegno di offrire vita nuova o vita migliore, per dirla senza enfasi, a chi affronta problemi di natura medica è testimoniato in modo chiaro, in stile sobrio e pratico dalla lettera che il dottor Alessandro Comandone ha inviato agli amici, i collaboratori di GITR (Gruppo Italiano Tumori Rari) alla fine dell’anno appena trascorso. <Prima Pagina>, il periodico on line di informazione, riflessione, cultura e varietà che accompagna il GITR pubblica i questa lettera di bilanci e d’intenti, il viatico migliore per riprendere il cammino. Comandone ringrazia la sua <squadra>, in realtà il primo grazie va girato al timoniere, termine che non la dice tutta per definire l’impegno di chi porta sulle spalle un pesante zaino supplementare. Grazie Alessandro, ci offri la possibilità di non essere soltanto spettatori nella vicenda della salute.
La memoria... e il ricordo

"I due nemici"... il Covid alleato del cancro

PROGETTO PROTEZIONE FAMIGLIE FRAGILI
PRESIDIO SANITARIO HUMANITAS GRADENIGO con G.I.T.R.


Psiconcologa Case Manager: Monica Seminara
Presidente G.I.T.R.: Alessandro Comandone
Anche nel 2021 il Progetto ha supportato - con interventi specialistici mirati - numerosi nuclei familiari di malati oncologici ad alto rischio di destabilizzazione.
Le segnalazioni, relative ai malati oncologici con nuclei familiari caratterizzati da fragilità, sono pervenute dai vari operatori sanitari del CAS, del day hospital oncologico, dell’ambulatorio di oncologia e dai reparti ospedalieri di oncologia, medicina, chirurgia, urologia, ambulatori di dermoncologia, dietologia ed endocrinologia, ortopedia, terapia intensiva e pronto soccorso.
Si evidenzia che, anche quest’anno, sono risultati ancor più numerosi i pazienti in difficoltà - e/o i loro familiari - che hanno fatto autonomamente richiesta di attenzione e presa in carico psico-oncologica, in relazione ad un aumento del disagio psichico familiare dipendente dalla situazione oncologica aggravato dalle ripercussioni e dai vissuti emotivi e comportamentali riferibili alla pandemic fatigue.
Il PPFF, grazie al Responsabile dell’Oncologia di Humanitas Gradenigo e al continuativo e fondamentale sostegno del G.I.T.R. stabilmente operativo all’interno della struttura, ormai si conferma un punto di riferimento riconosciuto ed adeguatamente identificato come uno strumento utile da proporre alle famiglie, a sostegno delle loro situazioni di disagio psicologico e psicosociale sempre crescenti.
L’attività viene svolta all’interno di un tempo/lavoro stabilito di n.12 ore settimanali, spesso, nel concreto, variabile per eccesso in relazione alle numerose richieste pervenute e alle necessità che talvolta sopraggiungono fuori orario previsto e anche nel fine settimana, in caso di urgenza\emergenza.
Vittorio Gassman, uno… centomila. Il "mattatore"

2022 - Recensione Libro: "Normale e Complicato"
Di: Sara Arcois
Home - Cultura e Spettacolo - Evidenza - 8 Marzo 2022 - Ernesto Bodini

Ora...un vaccino per la terra
I medici non mancano, tutti noi dovremmo esserlo.

"Lifetime Achievement Award" per la Chirurgia Laparoscopica al prof. Mario Morino
IL MERITO

Gravidanza dopo una terapia oncologica: problema raro, ma non troppo
S.C. ONCOLOGIA ASL CITTÀ DI TORINO
Il motivo del sovrapporsi o concomitare dell’evento malattia con il desiderio di prole è facilmente spiegabile: tralasciando la possibilità di un tumore sviluppato in età infantile e da cui la bambina è guarita, dobbiamo considerare che la manifestazione di un tumore in età giovane adulta (20-39 anni) ha una incidenza annua nella popolazione italiana del 7,8 su 100.000 abitanti (ISTAT 2000) e i numeri annui assoluti di tumori nella popolazione tra 0 e 49 anni è di 16000 casi nei maschi e 30000 nelle donne (AIRTUM-AIOM I numeri del cancro 2020). Per motivi sociologici ben noti, il fenomeno tenderà ad aumentare nei prossimi anni.
Gli aspetti della correlazione tra tumori e gravidanza sono molteplici:
- gravidanza e contemporanea manifestazione di una malattia tumorale
- preservazione della fertilità in una donna giovane durante una terapia antitumorale
- sterilità post chemio o radioterapia
- concepimento a distanza di mesi o anni dalla forma tumorale guarita.
- danni al prodotto del concepimento a causa dei farmaci antiblastici e ormonali utilizzati.
- possibile azione negativa della gravidanza sulla riaccensione di un tumore ormonosensibile
- secondi tumori causati dalla esposizione a farmaci antitumorali.
- gravidanza e sindromi eredo famigliari

L'abnegazione di Albert Schweitzer, medico e filantropo in Gabon
Mentre la pandemia sta ancora distanziando gli esseri umani, creando fazioni e contrasti che sembrano non finire, può essere utile rievocare l’opera del medico alsaziano (1875-1965), esempio di elevata umanità in quanto poneva al primo posto l’uomo sofferente. Chi legge questo articolo, anche se non appartenente alla Medicina, non può eludere la conoscenza di questa nobile figura, con l’auspicio di vedere in ogni nostro simile che ci cura, colui (o colei) che annulla la sofferenza, non solo con i farmaci, ma anche con la parola quale sostegno di grande conforto. Ecco, qui di seguito, una breve rievocazione del pioniere nel trattamento delle malattie gravi e “urgenti” della popolazione africana.
Già nella sua autobiografia “Ma vie et ma pensée” il dottor Albert Schweitzer annotava che all’età di 21 anni aveva deciso di “vivere per la scienza e per l’arte” sino ai trent’anni e di “consacrarsi in seguito ad un servizio puramente umano”. Voleva diventare medico per poter lavorare senza essere costretto a parlare e, in Africa, la presenza di un medico corrispondeva al bisogno più urgente (una sorta di intervento di “emergenza”, così si può intendere per l’epoca). Mantenne e concretizzò questo suo proposito.
Nell’ottobre 1905 si presentò, in qualità di studente, al preside della Facoltà di Medicina di Strasburgo e, conscio dell’impegno che avrebbe dovuto affrontare, annotava nelle sue memorie: «[…] così ora inizio una lotta contro la fatica ed il tempo che durerà parecchi anni». Nel febbraio 1912 ottenne l’autorizzazione ad esercitare la pratica medica. Trascorse la primavera a Parigi per seguire dei corsi di medicina tropicale e, nel contempo, si dedicò alla raccolta di materiale tecnico-sanitario che gli sarebbe servito per la sua attività a Lambarènè (uno sperduto villaggio del Gabon), dove giunse nel 1913 con la moglie Helénè Breslau, che per molti anni lo coadiuvò come infermiera. Sino al 1917 e dal 1924 in poi si dedicò prevalentemente all’attività medica e chirurgica, che fu incrementata con l’arrivo del dott. Marc Lautenburg. «Il dottor Schweitzer, nel campo della scienza medica – ha precisato più volte Adriano M. Sancin, chirurgo e ginecologo, già segretario nazionale dell’Associazione Italiana Albert Schweitzer (A.I.A.S.), che tra l’altro si dedicò per oltre trent’anni ad attività organizzative nell’ambito dell’assistenza sanitaria nei Paesi in via di sviluppo dall’Africa all’Estremo Oriente – non fu un genio e non ha mai inventato nulla. Vanno quindi eliminate certe idee sulla sua genialità riportate varie volte dai media, male informati ed alla ricerca di notizie sensazionali e quantomeno infondate. Quello che invece ci stupisce di Schweitzer, e ciò vale per tutte le sfere della sua attività, non è tanto la sua capacità geniale quanto la pazienza di apprendere. Una pazienza sostenuta indubbiamente da una straordinaria forza di volontà e favorita, pure, come egli stesso affermava, da una buona dose di fortuna».