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I Quadretti - La quarta età: Livio Berruti, un esempio.

Berruti 80 2

 
 
IL QUADRETTO
 
Il velocista campione olimpico
a Roma nel 1960,
ha compiuto 80 anni:
ora ha dei problemi
a quelle gambe
un tempo magiche, ma dice:
 
< Bene così,
io guardo sempre avanti > 

Di: Gianni Romeo 

È l’ultima decade di maggio, Torino non offre la sua faccia migliore, vento e pioggia, quando una sera mi dirigo verso piazza Bernini. L’ex Istituto Superiore di Educazione Fisica, ora Fondazione Isef, una bassa costruzione datata, stile mussoliniano, intonaco giallino pallido, mostra i segni del tempo. Ma l’atmosfera della vecchia palestra che profuma di simpatia e di buoni odori dalla cucina ci avviluppa con gli argomenti giusti. Siamo all’incirca in 500, siamo lì per abbracciare un torinese Doc. Si chiama Livio Berruti, il suo nome ai giovani dice poco, il passato fugge veloce. Ma disse molto a tutto il mondo sportivo e non quando, il 3 settembre del 1960, Berruti alle Olimpiadi di Roma vinse l’oro dei 200 metri. Il primo atleta della storia capace di battere gli americani con un gran record! L’uomo più veloce del mondo, 20 secondi e 5 decimi la durata di quella danza a falcate musicali sull’ovale della pista. < Berruti, Italia>, tutti i giornali e le televisioni del pianeta celebrarono il nuovo campione.
 Berruti Roma
Aveva 21 anni, allora, all’università studiava chimica. Ma facciamo un passo indietro, andiamo al liceo Cavour, libri e tennis, finché un giornol’insegnante di educazione fisica che cerca un ragazzo con le gambe buone per i tradizionali campionati studenteschi lo adocchia. <Misurati nel cortile del liceo con il nostro atleta più veloce>, gli dice.
Lui accetta, batte il campioncino.
E quel giorno ripone nell’armadio la racchetta da tennis.
Un fenomeno! Che nella nostra serata piovosa torinese di finta estate compie 80 anni. Siamo ad attenderlo per un evviva, un brindisi. Arriva, si alza dalla sedia a rotelle che lo ha portato fino all’ingresso, la moglie Silvia gli passa due bastoni, si avvicina.
 
Berruti OroOrgogliosamente lento, testa alta, passi corti. Chi non conosce il suo problema, e sono i più, resta un attimo senza fiato, poi capisce, l’applauso vince. I postumi di un serio incidente d’auto avvenuto molti anni prima sono riaffiorati con il tempo, le gambe più veloci del mondo ora attraversano incerte la palestra, la sua pista, la sua sfida di oggi.
Si dice la nemesi. Il destino si riprende quello che ha dato. Quel destino avaro anche con il maratoneta (sempre di Roma 1960), Abebe Bikila, l’etiope che correva scalzo, nella notte dei Fori Imperiali illuminati dalle torce.
Qualche anno dopo finì in un burrone, addio alle gambe. Ma reagì, vinse poi le Olimpiadi dei disabili nel tiro con l’arco. O, per citare l’esempio di un altro mondo, Ludwig Van Beethoven, e la sordità che non gli impedì però di comporre la celeberrima Nona Sinfonia.
E Berruti? <I miei 80 anni non sono il punto d’arrivo di una lunga volata vissuta con tante sfide al destino, ma di una ripartenza. È importante guardare sempre avanti con curiosità. Io non l’ho ancora persa>.
Un tempo si diceva la vita comincia a quarant’anni. Berruti aggiorna il detto, ricomincia anche a 80.
 

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