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Recensione del Libro "QUANDO IL RESPIRO SI FA aria"

 
Di fronte alla malattia cancro
un giovane neurochirurgo
si racconta
 
UN AUTORE
CHE HA SAPUTO
AFFRONTARE
LA MALATTIA E LA MORTE
CON INTEGRITÁ E DIGNITÁ
 
Di Ernesto Bodini
Giornalista Scientifico
Membro del Gruppo GITR-GPS
 
Medici che si ammalano, medici che scrivono, che raccontano la loro esperienza professionale, e di sofferenza sino all’exitus… Oggi non è poi così raro imbattersi in autobiografie di autori giovani, “coraggiosi” e portatori di messaggi, non solo di speranza ma anche di spunti di riflessione sul ruolo del medico “votato” ai suoi pazienti, dividendo il proprio tempo e i propri spazi con la famiglia, fonte “ultima” ma determinante per la realizzazione della propria esistenza. É il caso, ad esempio, del dottor Paul Kalanithi che, prima di morire all’età di 37 anni, per una neoplasia al polmone (al IV stadio), ha voluto far conoscere il suo vissuto con la pubblicazione “Quando il respiro si fa aria - Un medico, la sua malattia e il vero significato della vita”; uscita postuma con l’epilogo della moglie Lucy. 
 
Il dottor Kalanithi, neurochirurgo e ricercatore americano di origine indiana, specializzatosi brillantemente alla Yale University, e che ha ricevuto il più alto riconoscimento per la ricerca da parte dell’American Academy of Neurological Surgery, sia durante il suo “breve” exursus professionale che durante la malattia, racconta con grande determinazione e umiltà un percorso ricco di soddisfazioni e lodevoli prospettive di brillante chirurgo, intriso di toccanti e profonde riflessioni ma anche di un uomo vicino alla morte. Pur trovandosi dalla parte opposta continua a prendersi cura dei suoi pazienti, instancabilmente in lunghe ore di sala operatoria, in perfetta sintonia con colleghi ed altri specializzandi, senza cedimenti e con la dignità di chi sa come affrontare gli impegni, le difficoltà, gli imprevisti… Un divulgare per far conoscere, senza retorica, nonostante la “devastante” diagnosi e un iter terapeutico particolarmente impegnativo, sia pur accompagnato dai suoi colleghi e dai suoi famigliari con la compostezza che è propria di chi non conosce quel mero pietismo che spesso è fine a se stesso.