Il Decalogo AIOM della "Seconda Opinione" in Oncologia
IL DECALOGO
10 indicazioni
per Medici e Specialisti
se il Paziente richiede
una seconda opinione
A cura
dell'AIOM
Associazione Italiana
di Oncologia Medica
e della Fondazione AIOM
Di: Ernesto Bodini
Diffondere notizie medico-sanitarie di utilità sociale non solo richiede attenzione e conoscenza, ma anche aggiornamenti che confermino e completino le stesse.
Per quanto già scritto e pubblicato in tema di diritto ad ottenere una “second opinion” da parte di pazienti soprattutto affetti da un tumore, anche l’associazione Women For Oncology Italy, che rappresenta le donne oncologhe del nostro Paese, nata dall’European Society for Medical Oncology (ESMO) ne evidenzia la necessità, precisando che la stessa è data dallo shock della diagnosi o di una prognosi infausta, il desiderio di cercare nuove metodiche diagnostiche o nuove cure; come anche dalla sfiducia nei confronti dell’istituzione in cui si è in cura, o la scarsa capacità comunicativa del medico possono far sorgere questa esigenza. A questo riguardo ha preso posizione anche l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), che lo scorso anno ha reso pubblico un decalogo rivolto ai medici oncologi, al fine di rendere più accettabile ed eticamente corretta questa pratica, sia per non offendere o bloccare il malato che chiede un altro parere, che per indirizzarlo quanto prima verso i Centri di riferimento più adeguati o verso i colleghi più specializzati e magari con più esperienza nel diagnosticare o curare una determinata patologia.
I primi sei punti sono rivolti agli stessi specialisti con l’invito ad essere disponibili alla “second opinion”; essere più professionali specie di fronte a situazioni che non sanno o non possono affrontare indirizzando il paziente ad un altro Centro per un trattamento più adeguato; a rispettare la scelta del paziente di chiedere una seconda opinione e non considerarla come un “affronto personale”; a parlarne quando un paziente esprime il desiderio di poter avere un secondo parere, ascoltando le sue motivazioni ed essere collaborativi; ad aiutare il paziente nella scelta di Centri di riferimento a cui rivolgersi per la patologia di cui è affetto; ad accogliere l’esito della seconda opinione e discuterlo in modo chiaro ed esaustivo con il paziente e, nel caso di disaccordo sui contenuti, dare spiegazione al paziente fornendo eventualmente un feedback al collega che ha fornito la seconda opinione.
Ulteriori punti sono dedicati ai medici quando chiamati a fornire una seconda opinione, con l’invito ad essere completi affrontando tutti i temi della malattia secondo i desideri del paziente, ed offrendo una visione completa anche dei trattamenti eventualmente disponibili nell’ambito di studi clinici; a non essere autoreferenziali se chiamati ad esprimere un secondo parere, mantenendo coerenza con le linee guida nazionali e internazionali e con le evidenze scientifiche; esprimere una seconda opinione in presenza del paziente e, nel caso lo stesso non sia presente, sottolineare il fatto che non avendolo potuto visitare potrebbe rappresentare una notevole limitazione nell’applicare i consigli da dare; a fornire un feedback al collega di riferimento o al medico di famiglia del paziente.
Un esempio virtuoso in questo ambito è rappresentato da associazioni per i tumori rari, in quanto la rara incidenza può essere motivo di difficoltà diagnostica e terapeutica e, in questi casi, è implicito il loro contributo nel far conoscere i Centri di maggior esperienza dove confluiscono i pochi casi e, avere la second opinion, può essere di beneficio sia dal punto di vista fisico che psicologico.