Voci del '900 - La forza del debole: Dietrich Bonhoeffer
IL TEOLOGO
Un vero e proprio
“compagno di viaggio”
capace di sostenere, illuminare,
e a volte persino di consolare.
Una delle grandi figure
che –in vari campi–
hanno tracciato
una via ancora valida
nelle sfide del nostro tempo.
A cura di: Ferdinando Garetto
Quando abbiamo iniziato questa rubrica, abbiamo pensato che le “Voci del ‘900” fossero quelle grandi figure del secolo breve che –in vari campi– avevano tracciato una via ancora valida nelle sfide del nostro tempo. Veri e propri “compagni di viaggio” capaci di sostenere, illuminare, e a volte persino di consolare.
È stato proprio così, per me, riprendere in mano nei giorni più duri dei lockdown del 2020 un testo abbastanza breve di Dietrich Bonhoeffer, intitolato “La vita comune”2.
Il grande teologo, nato nel 1906, aveva coraggiosamente affrontato gli anni del nazismo, combattendolo con tutti gli strumenti in suo possesso: la forza della sua voce si era levata in seguitissime trasmissioni radiofoniche, fino a quando la censura non le aveva bruscamente interrotte nel corso di una diretta già nel 1933. Aveva cercato di tessere una rete di opposizione fra i luterani e i cristiani di diverse confessioni sparsi in tutto il nord Europa e negli Stati Uniti d’America (anche se giovanissimo era infatti già al tempo riconosciuto come uno dei più grandi teologi viventi), ma dopo un travagliato percorso di discernimento della coscienza personale aveva deciso di abbandonare le “comode” aule universitarie dove era ricercatissimo, per tornare in Germania dove sentiva di essere chiamato a testimoniare con la vita le sue idee (memorabile uno scambio di lettere con Karl Barth “Tu non appartieni a Londra, ma a Berlino!”).
Tornato in Germania, Bonoheffer continua la sua opera di resistenza, ma la situazione evidentemente precipita. Tutti gli sforzi sembrano vani, anche quelli di sostegno alle forze politiche e culturali di opposizione al nazismo.
Nell’ora più buia, Bonhoeffer intuisce che non c’è azione più rivoluzionaria che gettare un seme per il futuro. Ed è per questo che inizia una originalissima “scuola” di formazione per giovani pastori della Chiesa Luterana. Sarano loro, crede fermamente, gli artefici della ricostruzione delle anime e delle coscienze, prima ancora che delle istituzioni e dell’organizzazione politica.
I testi delle sue lezioni sono raccolti, appunto, nell’opera “La vita comune”. Un geniale “manuale di istruzioni” per la vita quotidiana del Giusto che si trova a vivere in una Società “senza Dio”. La comunità come risorsa, da cui uscire al mattino e in cui ritornare alla sera (“Ogni giorno, per molte ore, il cristiano si trova in mezzo a un mondo tutt’altro che cristiano. È il tempo della prova (...). La comunità è servita a rendere ogni membro forte, libero e maggiorenne? O lo ha reso inesperto e incapace di agire da sé?”).
“Senza Dio” è la dittatura, “libero e maggiorenne” è l’uomo che sa mantenersi tale anche a costo della vita; “comunitaria” è l’unica risposta possibile.
La strada, purtroppo è segnata. Nel 1943, Dietrich Bonhoeffer viene arrestato dopo la scoperta del coinvolgimento di alcuni suoi familiari nel tentativo di attentato a Hitler, ma anche per aver cercato di favorire la fuga di alcuni ebrei.
In carcere prende forma, attraverso la raccolta di lettere e pensieri, il suo capolavoro teologico “Resistenza e Resa”3: il prologo sul tempo ne esprime tutta la forza (come non pensare –incidentalmente– alla sensazione così diffusa di aver perso due anni della nostra vita tra il 2020 e il 2022?):
“(...) Perduto sarebbe il tempo in cui non avessimo vissuto da uomini, non avessimo fatto delle esperienze, non avessimo imparato, operato, goduto, sofferto. Tempo perduto è il tempo non pieno (unausgefùlll), il tempo vuoto. Tali certamente non sono stati gli anni trascorsi. Noi abbiamo perso molto, abbiamo perso cose inestimabili; il tempo però non è andato perduto. In realtà le conoscenze e le esperienze di cui si diventa consapevoli a posteriori sono soltanto astrazioni dell'originario, della vita vissuta. Ma se da una parte la possibilità di dimenticare è una grazia, dall'altra la memoria e la riconsiderazione della lezione appresa fanno parte di una vita responsabile”.
In carcere a Berlino, nel Natale del 1943 scrive un’intensa preghiera:
Al cominciar del giorno, Dio, ti chiamo.
Aiutami a pregare
e a raccogliere i miei pensieri su di te;
da solo non sono capace.
C'è buio in me,
in te invece c'è luce;
sono solo, ma tu non m'abbandoni;
non ho coraggio, ma tu mi sei d'aiuto;
sono inquieto, ma in te c'è la pace;
c'è amarezza in me, in te pazienza;
non capisco le tue vie,
ma tu sai qual è la mia strada.
Padre del cielo,
siano lode e grazie a te
per la quiete della notte,
siano lode e grazie a te
per il nuovo giorno.
Signore,
qualunque cosa rechi questo giorno,
il tuo nome sia lodato! Amen.
Aiutami a pregare
e a raccogliere i miei pensieri su di te;
da solo non sono capace.
C'è buio in me,
in te invece c'è luce;
sono solo, ma tu non m'abbandoni;
non ho coraggio, ma tu mi sei d'aiuto;
sono inquieto, ma in te c'è la pace;
c'è amarezza in me, in te pazienza;
non capisco le tue vie,
ma tu sai qual è la mia strada.
Padre del cielo,
siano lode e grazie a te
per la quiete della notte,
siano lode e grazie a te
per il nuovo giorno.
Signore,
qualunque cosa rechi questo giorno,
il tuo nome sia lodato! Amen.
All’assenza di coraggio, contrappone un aiuto più grande; all’amarezza, la pazienza, all’incomprensibilità delle vie, la certezza che “Qualcuno” conosce la strada. Da lodare “Qualunque cosa rechi questo giorno”.
Avrà recitato questa preghiera, ancora una volta, Dietrich Bonhoeffer la mattina del 9 aprile 1945, nel campo di concentramento di Flossemburg dove era stato trasferito da pochi giorni?
Probabilmente sì, o qualcosa di simile a quel “Qualunque cosa rechi questo giorno”, anche rispondendo alla chiamata del Kapò del Lager “Prigioniero Bonhoeffer, prepararsi e venire via...”. “È la fine, per me è l’inizio della vita”, furono le sue ultime parole.
È l’ultima ora. Così la descrive il medico del campo, ricordandola molti anni dopo:
"Attraverso la porta semiaperta di una stanza delle baracche vidi che il pastore Bonhoeffer, prima di svestire gli abiti di prigioniero, si inginocchiò in una profonda preghiera con il suo Signore. La preghiera così devota e fiduciosa di quell'uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente. Anche al luogo del suo supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato il patibolo.
La morte giunse dopo pochi secondi. Nella mia attività medica di quasi cinquanta anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio"
Il 9 aprile del 1945 Dietrich Bonhoeffer muore per impiccagione nel campo di concentramento di Flossemburg. Poche settimane dopo, verosimilmente il 30 aprile, Adolf Hitler muore suicida nel bunker del III Reich a Berlino.
1Citato nel titolo: E. Robertson “LA FORZA DEL DEBOLE vita e pensiero di Dietrich Bonhoeffer” (Città Nuova).
Citati nel testo:
2D. Bonhoeffer “La vita comune” (Queriniana)
3D. Bonhoeffer: “Resistenza e resa” (Bompiani, San Paolo, Queriniana)