Il Servizio Sanitario Nazionale: paradossalmente un grande malato?
LA CRITICITÀ
L’invecchiamento
della popolazione
mette in difficoltà il
Servizio Sanitario Nazionale.
La malattia più grave,
gli sprechi, ma si devono
creare manager all’altezza
e sensibilizzare i cittadini:
tutti dobbiamo
fare la nostra parte.
Di: Luigi Giovannini
All’interno del dibattito di queste settimane collegato alla crisi di governo si è puntualmente ripresentato ed evidenziato il problema più scottante sul tavolo delle istituzioni preposte, vale a dire come affrontare la gravità della situazione economica nazionale condizionata, oltrechè da fattori internazionali, dalla nostra strutturale criticità di dovere ridurre un debito pubblico enorme senza penalizzare i servizi, che con sempre maggiore difficoltà garantiscono un livello di equità sociale al limite della sostenibilità.
È noto che la solidità e la sostenibilità dello stato sociale si basa su due principi fondamentali: l’equità fiscale e la stabilità della finanza pubblica.
Il primo principio deve garantire che cittadini con analoga situazione reddituale siano trattati dal fisco nello stesso modo e quindi partecipino analogamente alla spesa collettiva (la cosiddetta “equità orizzontale”); il secondo principio deve garantire che la spesa sociale non vada ‘’scaricata’’ in misura sempre maggiore sulle generazioni future (“equità verticale”).
Non occorre essere addetti ai lavori per sottolineare che entrambi i principi sono stati e sono tuttora disattesi: la riduzione dell’evasione fiscale è tra gli obiettivi più ribaditi e inevasi degli ultimi decenni, ed il livello del debito pubblico rimane un fardello pesante che noi, popolo degli “-anta”, abbiamo generato in buona parte e che con tutta probabilità lasceremo ai nostri figli e nipoti.
In questo contesto il Servizio Sanitario Nazionale rischia di essere fortemente penalizzato.
Qualche pesante “scricchiolio” è già presente: liste di attesa che si allungano, reparti di pronto soccorso intasati all’inverosimile, carenza di medici e personale sanitario in generale, forte sperequazione nel rapporto costi/servizi erogati tra le regioni del sud e del nord Italia, ecc.
Lo scenario diventa ancora più preoccupante se si confronta l’evoluzione possibile e probabile dei fabbisogni in campo assistenziale con le risorse economico-finanziarie stanziate.
È noto che l’Italia è il secondo paese al mondo, dopo il Giappone, con la maggiore aspettativa di vita: una vera e propria scalata ai vertici della classifica realizzatasi negli ultimi 40/50 anni grazie appunto al Servizio Sanitario Nazionale.
L’invecchiamento della popolazione tuttavia porta con sè inevitabilmente una maggiore esigenza di cure e quindi un tendenziale maggior carico sulla assistenza sanitaria, pubblica e/o privata non ha importanza. Gli scenari ed i modelli matematici predisposti per disporre di stime su cui basare piani e programmi di gestione affidabili ci mostrano per il futuro una situazione caratterizzata da crescenti necessità di assistenza da parte di una popolazione tendenzialmente più anziana e bisognosa di cure.
Si stima, ad esempio, che nel prossimo decennio in Italia le persone affette da multicronicità (vale a dire con due o più malattie croniche) saranno più di 14 milioni, pari al 22% della popolazione. Questi ed altri fattori critici (pensiamo alle terapie oncologiche) renderanno altamente critica la situazione economico-finanziaria, che già oggi lascia trasparire segnali preoccupanti.
Qualche dato più significativo. Nell’ultimo decennio anche, ma non solo, a causa della crisi economica, la spesa sanitaria in Italia è cresciuta meno che negli altri paesi europei ed è attualmente sotto la media UE sia in rapporto al prodotto interno lordo, sia in termini assoluti. Nel 2017 la spesa sanitaria pro-capite in Italia era inferiore del 7% rispetto alla media dell’eurozona.
Se limitiamo l’analisi ai paesi del G7 l’Italia occupa l’ultimo posto sia considerando la spesa sanitaria totale, sia per la spesa pubblica. Risulta peraltro al secondo posto dietro gli Stati Uniti per la spesa sostenuta direttamente dai cittadini. E questo è un segnale inequivocabile che la politica ha scaricato una consistente quota di spesa pubblica sulle spalle dei cittadini.
Un’ulteriore conferma viene dalle somme stanziate per la sanità pubblica dai vari DEF (Documento di Economia e Finanza) negli ultimi anni, che vedono cifre via via in riduzione a livello nominale e reale.
Preso atto che proseguendo su questa strada si va a sbattere, gli esperti sono a grandi linee concordi che proprio dalla politica occorra cominciare per invertire la tendenza.
Innanzitutto occorre prendere atto che la gravità del problema va affrontata in chiave bipartisan con una forte regia a livello nazionale, superando conflittualità politiche, garantendo autonomia locale nella gestione, ma a fronte di un unica cabina di regia su strategie e priorità di investimenti e ricerca a livello nazionale.
Un sistema complesso come la sanità pubblica necessita inoltre di un’attività di programmazione rigorosa che renda compatibili gli obiettivi con le risorse: umane, tecniche, finanziarie, logistiche, ecc.
Il paese, come è noto, non sta attraversando un periodo di “vacche grasse”, pur tuttavia ci sono margini di miglioramento con le risorse a disposizione, purchè utilizzate correttamente, prestando attenzione ai risultati, premiando il merito ed evitando sprechi.
Una particolare attenzione dovrebbe essere prestata alla selezione, formazione e gestione delle risorse umane: a ben vedere qualunque problema alla fine è riconducibile ad un problema di risorse umane. Manager e professionisti eccellenti possono risolvere problemi all’apparenza insormontabili; viceversa piccole difficoltà diventano processi inestricabili se a gestirli ci sono persone incompetenti e demotivate.
Infine anche i cittadini devono fare la loro parte. Come protagonisti devono essere informati, formati e responsabilizzati adeguatamente sulle regole che governano la loro salute e sui loro diritti; ma devono anche pensare ed agire sulla base dei loro doveri, adottando comportamenti e stili di vita compatibili ed essenziali per una vita in buona salute fisica e mentale da una parte e, dall’altra, con conseguente più ragionevole impatto sul Servizio Sanitario.