Utilizziamo i cookie per assicurarti la migliore esperienza nel nostro sito. Questo sito potrebbe utilizzare cookie, anche di terze parti, per inviarti messaggi promozionali personalizzati. 
Per saperne di più, conoscere i cookie utilizzati dal sito ed eventualmente disabilitarli, accedi alla Cookie Policy. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti all’utilizzo dei cookie.

In Punta di Penna - Sul palcoscenico con un "boa rosso" al collo

 
 
 
Le pazienti
si trasformano...
in attrici

 

Le sfide si affrontano in molti modi, specialmente quando riguardano noi stessi e non gli altri e a maggior ragione se si riferiscono a una malattia che fa paura come il cancro. Bisogna avere coraggio, essere positivi, mettersi in gioco. E’ quanto hanno fatto diciannove formidabili donne che hanno vissuto l’esperienza della malattia oncologica: sono andate in scena a Firenze in un originale spettacolo teatrale dove hanno raccontato la loro storia.

L’opera, intitolata <Il mio corpo è un’opera d’arte – dal cancro al burlesque>, è frutto di un progetto (Women Life Love) che ha raccolto l’impegno di varie associazioni (Lilt, Ispo, Arbus) e di un team di esperti, tra cui medici e psicologi. Colpite da carcinoma al seno, di età ed estrazione sociale diverse, provenienti da varie città toscane, le pazienti-attrici, reduci da un centro di riabilitazione, hanno dimostrato che la vita può ripartire e riservare ancora divertenti sorprese, come ritrovarsi a recitare se stesse in un teatro.

<Non è stata un’impresa facile, sottolinea la regista Francesca Sanità, colpita anche lei dal Grande Nemico, abbiamo avuto momenti di difficoltà e di timore, ma le pazienti-attrici ne sono uscite più forti e determinate>. In scena sono andati ricordi e pensieri delle protagoniste, emozioni e timori sviluppati dal momento della diagnosi alle varie fasi del percorso di cura con il racconto di episodi personali.
C’è un una bella considerazione di Francesca Sanità: <Tutte vogliamo vivere la vita con un boa rosso al collo, qualsiasi cosa ci stia succedendo>.

E allora, dopo un anno di lavoro, via a canti, balli, recitazione, soubrettes col boa rosso in un seguito di “pieces” proposte come laboratorio e spettacolo vivace che ha permesso al gruppo di contrastare l’isolamento e il rischio di emarginazione legato alla malattia.

Un esperimento felice, il teatro, per sua natura, può davvero essere uno strumento espressivo che cura lo spirito e fa prevenzione.

                                                                                                 M.FE